Cantautorato, pop e tradizione: il Concertone torna alle origini

Cantautorato, pop e tradizione: il Concertone torna alle origini
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Lunedì 28 Agosto 2023, 05:00

Alessandra LUPO
Eleonora L. MOSCARA


Una pizzica che torna protagonista in tutta la sua purezza, la Notte della Taranta firmata da Fiorella Mannoia è identitaria, attuale e storica allo stesso tempo. Se da un lato la maestra concertatrice si scatena sul palco divertendosi in maniera trascinante e leggera, ballando e sorridendo al mondo che le si sé creato intorno, dall’altro va a fondo, entra nelle pieghe, scava nel significato dei brani più antichi e il suo fil rouge si srotola in maniera festosa, diventa un fazzoletto rosso sventolato dal corpo di ballo che danza le note pizzicate di quella «disperata allegria» che tanto piace alla maestra concertatrice. Prima di spiccare il volo, il concertone inizia con una dedica a Luigi Chiriatti, storico direttore del festival: un tributo dovuto, colmo di rispetto per colui che ha impiegato la vita a studiare il mondo della Taranta, spentosi nel maggio scorso. In suo onore la Mannoia ha aperto il concertone cantando “Un giorno di venerdì”.

Le voci della pizzica al centro della scena

Le voci di Alessandra Caiulo, Consuelo Alfieri, Stefania Morciano, Enza Pagliara, Antonio Amato, Salvatore Galeanda e Giancarlo Paglialunga intonano la Pizzica di San Vito e il mondo della pizzica si apre in un momento.

I ritmi fanno ballare le centinaia di migliaia di presenti, la notte della Taranta è tornata più in forma che mai. Più vera che mai. Si respira un’aria solenne, gli artisti scelti dalla maestra concertatrice interpretano con rispetto i brani assegnati, c’è l’emozione, si percepisce quanto ognuno di loro senta di confrontarsi con qualcosa di imponente e con quanta delicatezza e rigore cerchino di sfiorare questo mondo. E di vivere questa esperienza di fronte al calore del pubblico (quello televisivo dovrà aspettare la messa in onda su Rai3 del 2 settembre). Il primo ospite a salire sul palco è il giovane Tananai, intona la sua Tango e tutti la cantano con lui, poi si immerge nel mondo della Taranta con “Ri ri ro la la”, balla fino a sfinimento, sorride e riesce a tenere con sé la folla che lo osanna anche nella sua versione energica della Pizzica di Aradeo. Dopo anni di contaminazioni internazionali, questa edizione capitanata dalla Mannoia, punta decisa sul cantautorato italiano.

 

L'omaggio al cantautorato tra passato e presente

E vedere Brunori sas, punta di diamante della nuova schiera degli autori più interessanti del Paese, abbandonare l’abituale aplomb per lasciarsi coinvolgere dalle danze è uno spettacolo impagabile. Si diverte sulle note di due brani tanto belli quanto complicati con “Lule lule” cantato in arbëreshë e “Aremu” in griko. Sul palco, l’operazione colta voluta dalla Fondazione, con un percorso collaterale affidato a pensatori di varie sensibilità che ha preceduto l’acme del festival, è impersonata da Fiorella Mannoia, una delle principali voci “pensanti” della canzone italiana. La terza maestra concertatrice della Taranta, quarta se si conta il ruolo di Madame a metà con Enrico Melozzi nel 2021, ha impresso all’edizione 2023 la sua versione decisamente femminile e femminista. A cominciare dai messaggi dal palco, quasi pedagogici e che ce ne sia bisogno lo dimostra la cronaca agghiacciante degli ultimi tempi fatta di chat brutali dopo lo stupro di gruppo in Sicilia, per proseguire con la personalissima rivisitazione di “Bocca di rosa” di De André, con le tamburelliste donne che si affacciano sul palco e con “Fimmene, fimmene”, il brano più rappresentativo del lavoro femminile nell’universo della pizzica salentina. «L’amore deve essere condiviso, amore è stare insieme e stare bene, è desiderarsi e rispettarsi l’un l’altro. Niente di più», ha commentato la Mannoia a margine del canto antico, nato per denunciare la violenza e lo sfruttamento delle tabacchine del Salento, oggi diventate donne di tutto il mondo. La vera icona pop del festival di quest’anno, osannata dal pubblico sotto palco, è Arisa che con la sua voce tagliente e sublime, «una lama che ti entra nel fianco» aveva commentato la Mannoia, la sua gioiosa presenza e l’acconciatura anni ‘20 regala allegria e una versione credibilissima di “Ferma Zitella”, una delle liriche più commoventi della Taranta, oltre alla sua versione della splendida “Lu ruciu te lu mare” con un accenno de “La notte”, singolo del 2012 (prodotto da Mauro Pagani, maestro concertatore nel 2007) in cui Arisa racconta tutto il dolore e la tristezza di un amore finito. Il ritmo non si ferma, la notte scivola e la voce possente di Antonio Amato che chiede «Chi siamo noi?» in “Aria Caddhipulina” – inno della pizzica ballata - è il canto della riappropriazione e dell’orgoglio del Salento che, dopo l’attraversamento della sua tradizione, ribadisce la sua identità. Un’identità che non è mero territorio, ma quel sentire mediterraneo su cui quest’anno l’intero festival ha voluto concentrarsi invitando al confronto pensatori di varie e estrazioni.

Le eccellenze del designer e dell'artigianato

Dall’inizio alla fine dello spettacolo i visual, curati dall’azienda capitanata dai leccesi Angelo e Carolina Stamerra Grassi, due eminenze internazionali del settore, sono effettivamente ipnotici e si snodano come un tappeto sulle note di un didgeridoo, poi rotolando su una giostra, esplodono di luci e geometrie. Gli abiti neri, curati da Danamò, con importanti inserti traforati, spacchi senza esitazione ed eleganza essenziale, vestono l’orchestra per la festa in contrasto con il bianco e oro e con l’arancio e fucsia del corpo di ballo, mai così solare. Quattro i ballerini professionisti che hanno regalato delle coreografie uniche grazie al lavoro di Francesca Romana Di Maio e dell’assistente salentina Alessandra Cito, impressionante la riproduzione di un ragno frutto dell’incastro di tre persone, in una sorta di origami umano. I gioielli firmati da Gianni De Benedittis di Futuro Remoto assecondano la leggerezza dei corpi danzanti al ritmo della musica, pietre dure e coralli per rappresentare lo stile di una rinnovata libertà. «Un festival della tradizione, che non perderà le sue radici» aveva sottolineato in conferenza stampa Fiorella Mannoia. Gli arrangiamenti di Carlo Di Francesco e Clemente Ferrari hanno tirato fuori tutto l’animo mediterraneo di questa dimensione mistica. C’è tutto il sud del mondo in questa Taranta, c’è il cuore del Salento. Il ruolo della musica è anche questo. Mescolare e mescolarsi. Promessa mantenuta. Con Calinitta, tutti insieme sul palco, arriva la buonanotte calda e struggente che rimette il cuore a posto. Per quanto possibile. Almeno per una notte.
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