Autonomia differenziata, l'ufficio parlamentare di bilancio: «Possibili effetti sull'economia»

Autonomia differenziata, l'ufficio parlamentare di bilancio: «Possibili effetti sull'economia»
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Venerdì 23 Giugno 2023, 05:00

Non sarà soltanto l’architettura statale – nelle sue diverse articolazioni, burocratica, economica e dei diritti – a soffrire l’autonomia differenziata voluta dalla Lega e da tre Regioni del Nord e oggi all’esame del Parlamento. Ne soffriranno anche le imprese, a causa dei possibili effetti distorsivi sulle scelte in materia di investimenti. I divari territoriali, dunque, finirebbero per aggravarsi ancora, peraltro con la concreta possibilità di ostacolare la mobilità dei lavoratori fra regioni diverse. L’autonomia significherebbe incamerare meno fondi per finanziare le pensioni e per permettere allo Stato di esercitare la sua funzione di redistribuzione. A dirlo è l’Ufficio parlamentare di Bilancio, che dopo la richiesta della commissione Affari costituzionali del Senato, ha approfondito alcuni aspetti del disegno di legge sull’autonomia differenziata, mettendo in fila una serie di criticità aggiuntive rispetto a quelle già enumerate nel dossier trapelato qualche settimana fa via Linkedin. E a quelle, sempre problematiche, giunte dalla Banca d’Italia nella giornata di lunedì.
Il primo tema approfondito dall’Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb) riguarda le risorse mobilitate in entrata e in uscita dalla riforma in senso regionalista immaginata dal ministro Roberto Calderoli. Per i tecnici dell’Upb si tratta di un esercizio «che può essere effettuato solo dopo l’esplicitazione di scelte politiche sulle funzioni trasferibili e sugli eventuali relativi Lep (livelli essenziali delle prestazioni)». Senza conoscere i Livelli essenziali delle prestazioni, da definire per ciascuna funzione delegabile alle Regioni, attuare l’autonomia sarebbe insomma un salto nel buio. Ancora. «Qualora le Regioni ad autonomia differenziata assumessero il controllo su quote significative della spesa pubblica e del gettito dei tributi, potrebbe in generale risultare indebolita la capacità del governo centrale di rispondere in maniera tempestiva a necessità urgenti che si manifestassero, come accaduto negli ultimi anni, a livello sia nazionale sia sovranazionale». Ovvero, nel caso si riproponesse una pandemia o un evento catastrofico di qualsiasi natura, la capacità di intervenire a livello centrale ne risulterebbe depotenziata. E a pagarne il prezzo sarebbero sempre le Regioni più deboli. Inoltre le Regioni «con basi imponibili più dinamiche» (in altre parole quelle più ricche) una volta fissate le aliquote di compartecipazione al gettito tributario potrebbero ritrovarsi nel tempo con entrate superiori alle spese delle funzioni che sono state trasferite. Un “profitto” sottratto allo Stato e, dunque, alla redistribuzione delle risorse in chiave solidaristica prevista dalla Costituzione.

Ovvero - sottolinea ancora l’Ufficio parlamentare di Bilancio - «minori risorse per finanziare funzioni non trasferibili di particolare rilevanza quali, ad esempio, la previdenza sociale, anche alla luce delle pressioni che saranno generate dal progressivo invecchiamento della popolazione e una minore capacità del governo centrale di attuare politiche di stabilizzazione del ciclo e di redistribuzione del reddito».

Effetti sull'economia

Di più. Se finora ci si è concentrati sulla Pubblica amministrazione e sull’architettura istituzionale, l’Upb evidenzia anche i possibili effetti sull’economia e, dunque, sulle imprese. La frammentazione delle regole tra centro e periferia «potrebbe avere effetti distorsivi sulla localizzazione e sulla scelta degli investimenti delle imprese, aggravando gli esistenti divari territoriali o potenzialmente creandone di nuovi, e comporterebbe difficoltà e ulteriori aumenti dei costi di adempimento per le imprese che operano su scala multi-regionale». Un punto, questo, sul quale a più riprese sono intervenuti in Puglia tanto i sindacati - che hanno organizzato una mobilitazione di tutto il Mezzogiorno – che Confindustria, con il presidente Sergio Fontana. Finora, però, rimasti inascoltati. 
Non a caso, pochi giorni fa, è stata la Banca d’Italia in una memoria scritta a raccomandare al governo «prudenza e gradualità» sull’autonomia differenziata, evidenziando i rischi che essa porta con sé per l’efficienza del sistema produttivo e gli equilibri della finanza pubblica. «Vanno valutate attentamente tutte le implicazioni dell’attuazione dell’autonomia differenziata, procedendo quindi con la necessaria gradualità. Diversamente - hanno scritto i tecnici di Bankitalia - vi sarebbe il rischio di innescare processi difficilmente reversibili e dagli esiti incerti». «L’attuazione dell’autonomia differenziata - hanno aggiunto - non deve mettere a repentaglio l’efficienza del sistema produttivo e la sua capacità competitiva; i vantaggi derivanti dallo stimolo a una maggiore concorrenza tra le varie aree del Paese devono essere superiori ai costi impliciti di una marcata differenziazione normativa». «In secondo luogo - prosegue la Banca centrale - per preservare gli equilibri di finanza pubblica e assicurare che l’intero Paese contribuisca al consolidamento dei conti, occorre garantire nel medio periodo l’allineamento fra le risorse erariali assegnate e l’evoluzione dei fabbisogni di spesa nelle funzioni trasferite. Andrebbero a tal fine stabilite delle regole per la revisione periodica delle aliquote di compartecipazione». Che, al momento, non sono previste.
 

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