Ospedali presi d'assalto: pazienti "ricoverati" nel pronto soccorso

Strutture in tilt per il picco di affluenza e casi covid

Ambulanze in coda al Fazzi
Ambulanze in coda al Fazzi
di Andrea TAFURO
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Venerdì 5 Gennaio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 6 Gennaio, 18:05

Covid e influenza mandano in crisi gli ospedali di Lecce e provincia. Pronto soccorso presi d’assalto e ambulanze ferme all’esterno delle strutture in attesa di poter sbarellare i pazienti a fronte di organici medici e infermieristici svuotati tra pensionamenti e malattie, e con i concorsi per le nuove assunzioni ancora fermi al palo.

250 ingressi al giorno al Fazzi

Le carenze della sanità tornano ad acuirsi, messe in evidenza ancora una volta dalla circolazione dei virus respiratori e dalle richieste di assistenza medica, sempre più frequenti in inverno, per anziani, soggetti fragili e bambini.

Una situazione critica negli ospedali, (già riscontrata in estate), ora però senza l’aggravio dell’aumento di popolazione tipico della stagione estiva. Le criticità maggiori emergono nel pronto soccorso al “Dea-Fazzi” di Lecce, che in media registra 250 ingressi giornalieri, ma anche negli ospedali periferici. Tanti gli accessi “inappropriati” che si contano, ma a complicare i piani è anche l’assenza di filtro verso i reparti, sold-out di posti letto. E così i pazienti che arrivano nell’unità di emergenza urgenza finiscono per rimanerci per diversi giorni, rendendo l’area destinata ai codici rossi un reparto di degenza, con tutte le difficoltà del caso.

30 pazienti in attesa di un posto in reparto

Numeri alla mano delle ultime 48 ore, nel pronto soccorso del “Dea”, i pazienti “ricoverati” e in attesa di posto letto in reparto erano oltre 30. Non solo, gli accessi ospedalieri crescono ancor più nei festivi e nei weekend, col rischio di rendere la situazione in corsia esplosiva. 

Nei 6 pronto soccorso mancano 25 medici

«Affrontiamo uno scenario complesso – ammette Maurizio Scardia, coordinatore dei pronto soccorso dell’Asl Lecce – complice una serie di problematiche che includono i maggiori accessi in ospedale dei pazienti, malattie e infortuni che colpiscono i sanitari già messi sotto stress per i pesanti turni di lavoro che sopportano, rispetto ad una carenza negli organici che è divenuta cronica in tutta Italia». La fotografia che ne vien fuori è quindi quella di una coperta corta, dove i tentativi di porre rimedio alle criticità, finiscono a volte per lasciare scoperto qualche altro settore dell’assistenza sanitaria. E anche in questo caso sono i numeri a tratteggiare il quadro di crisi: nei 6 pronto soccorso dell’Asl di Lecce mancano almeno 25 medici secondo quanto stabilito nella pianta organica della Regione Puglia. Nel dettaglio, al “Dea-Fazzi” del capoluogo attualmente risultano in servizio 16 medici su 19 assegnati, a fronte di una dotazione regionale che dovrebbe essere di 29 camici bianchi. Carenze di 2 o 3 unità che in aggiunta riguardano le aree di emergenza-urgenza degli ospedali in provincia. «Gli organici ridotti sono un problema – aggiunge Scardia - anche se il decreto milleproroghe del Governo, seppur momentaneamente ci consentirà ti mantenere in servizio 3 medici (2 a Galatina e 1 a Scorrano) e di ampliare i contratti agli specializzandi».

Scardia: «Alleggerire gli ospedale deve essere obiettivo comune»

Più complessa invece la questione nuove assunzioni con un concorso indetto dall’Asl Lecce per 4 unità mediche nei Ps, fermo a settembre scorso. «Non è facile trovare i commissari da fuori regione disponibili per espletare le procedure. Purtroppo gli oneri e le responsabilità di un concorso – precisa il coordinatore sanitario - sono di gran lunga superiori ai rimborsi spese previsti. E così tutto l’iter si rallenta». Intanto però le richieste di assistenza ospedaliera aumentano e le difficoltà permangono. «I pronto soccorso sono il primo approdo per tanti pazienti – spiega Scardia - che per non corretta abitudine o in determinati periodi dell’anno, si recano in ospedale per patologie che potrebbero essere trattate adeguatamente anche in casa. Alleggerire il carico degli accessi in ospedale dev’essere un obiettivo comune, così come negli interventi del 118 per il 60% dei pazienti si evita l’ospedalizzazione. Per migliorare nel breve la situazione – conclude Scardia - andrebbe rivisto il sistema della medicina territoriale, cercando collaborazione e fornendo maggiori risorse ai medici di base e alle guardie mediche».

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