Con il rischio di recessione e con una visibilità a dir poco limitata sui mercati insidiati da inflazione, conflitto e pandemia, meglio evitare slanci e tener fermi i soldi. Ragionano più o meno così i salentini. Risultato: 268 milioni di euro risparmiati negli ultimi 3 anni. L’Osservatorio economico Aforisma, che ha elaborato il dato, preferisce parlare di «disinvestimento o svalutazione».
La congiuntura economica
E così quella che fino a poco tempo fa era considerata una virtù, nel contesto contemporaneo, si trasforma a qualcosa di simile a una zavorra.
Toccato il fondo? Forse no
Probabilmente no. Ma solo per il fatto di averlo già toccato. Il punto più basso il Salento lo ha raggiunto, infatti, nel primo trimestre 2020 sotto i colpi della pandemia, quando era diventato impossibile non solo spendere ma anche uscire di casa: «In appena tre mesi - racconta Stasi - svanirono ben 423 milioni di euro (la raccolta indiretta era di 3.261.257): -11,5 per cento». E stiamo parlando delle sole tasche dei clienti residenti in provincia di Lecce. Più in dettaglio, il valore dei titoli a custodia (come, ad esempio, le azioni) è sceso da 3,1 miliardi di euro a 2,9, mentre il valore dei titoli in gestione (come i fondi comuni), da 341 milioni di euro a 302. Se questi sono i presupposti, non dovrebbero sorprendere le previsioni che l’Osservatorio economico traccia: «L’approvazione dei bilanci bancari, alla data del 31 dicembre 2022, che avverrà ad aprile - dice Stasi -, dovrebbe confermare questo trend negativo della raccolta indiretta. Le crisi bancarie e non solo hanno cambiato profondamente l’approccio dei salentini verso la finanza. Quanto accaduto negli ultimi anni, con il crescente intervento dello Stato, ha segnato la vita di tanti piccoli risparmiatori. In tanti si sono trovati coinvolti in operazioni di azzeramento del valore delle azioni acquistate o delle obbligazioni sottoscritte.
Le perdite non sono tutte uguali
Le perdite non sono tutte uguali: c’è chi ha perso definitivamente il proprio capitale e chi, invece, aspetta e spera in un risarcimento». È consuetudine tra gli analisti associare un atteggiamento eccessivamente prudenziale a possibili perdite di profitto e soprattutto a uno scarso contributo alla crescita del Paese e del suo sistema produttivo, «in quanto le imprese si finanziano grazie ai mercati finanziari», osserva Stasi. Che sottolinea poi quanto la maggiore liquidità sia anche una conseguenza delle misure restrittive imposte al fine di contenere la diffusione delle varianti del nuovo coronavirus. «Ora, però - riflette in conclusione - è probabile attendersi un rallentamento della raccolta bancaria e postale, a causa della crisi energetica e dell’aumento dei prezzi al consumo».