Salentini sempre più poveri: «Cresce lo squilibrio sociale»

Soldi
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di Pierpaolo SPADA
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Sabato 30 Marzo 2019, 08:20
Più contribuenti ma meno redditi. In provincia di Lecce l'andamento si conferma acquisendo la connotazione di una vera e propria tendenza, che evidenza, tuttavia, soprattutto, il forte squilibrio sociale che caratterizza il tessuto territoriale.
E' ciò che rivela uno studio realizzato dall'Osservatorio economico di Davide Stasi in collaborazione con l'Associazione italiana dottori commerciali (Aidc) di Lecce ed elaborato sulla base delle dichiarazioni trasmesse nel 2018 all'Agenzia delle Entrare, attraverso i modelli 730 e Redditi (Ex unico).
La premessa riguarda il contesto regionale, che procede in linea con quello provinciale. Con riferimento all'anno d'imposta 2017, infatti, il numero di dichiarazioni presentare è il leggero aumento: sono 2.575.462 a fronte delle 2.555.140 dell'anno precedente. E anche l'importo relativo all'imposta netta Irpef risulta maggiore - pur in quantità molto limitata - rispetto a quello versato con riferimento al 2016: 6 miliardi 407 milioni di euro a fronte di 6 miliardi 402 milioni.
Nel Salento, sono, invece 520.053 i contribuenti che assolvono al pagamento dell'Irpef. Nel 2017 erano stati 515.122 e nel 2016 513.017. In via generale, e stando ai numeri, pugliesi e salentini stanno diventando sempre più poveri, soprattutto, se il loro reddito è comparato con quello medio nazionale. Tutti insieme, i pugliesi fanno registrare un reddito di importo pari a 39 miliardi 536 milioni di euro. Il reddito complessivo dei salentini è, invece, pari a 6 miliardi 984 milioni di euro, di cui 3 miliardi 869 milioni attribuibili esclusivamente al lavoro dipendente. In proporzione, il reddito medio ammonta per i primi a 15.630 euro e per i secondi a 15.323 euro (contro i 15.554 euro dell'anno prima). La media nazionale è notevolmente più ampia, se si considera che il reddito medio è pari 20.670 euro.
Con esclusivo riferimento alla provincia di Lecce, l'Osservatorio evidenzia «forti squilibri sociali» e li riconduce a ragioni legate alla recessione economica e all'evasione.
I lavoratori dipendenti e assimilati, qui, sono 252.517. Nel 2017, erano 243.431. I pensionati sono, invece, 198.403, vale a dire 2108 in meno rispetto al 2017 e contano su un reddito medio di 14.280 euro, per un ammontare complessivo di 2 miliardi 833 milioni di euro. Diminuiscono anche gli autonomi non titolari di Partita Iva: da 8.728 a 8.329 in un anno, con un reddito medio pari a 33.915 euro. L'ammontare è di 282,5 milioni di euro.
L'Osservatorio parla di «forti diseguaglianze». E già perché a fronte di 6.670 contribuenti con un reddito imponibile minore o uguale a 0 euro (grazie agli oneri deducibili e detraibili), 216.936 con reddito imponibile da zero a 10mila, 87.538 con reddito imponibile da 10mila a 15mila e 117.099 con reddito imponibile da 15mila a 26mila, solo 4.020 contribuenti presentano un reddito imponibile da 75mila a 120mila e 1.364 un reddito imponibile oltre 120mila euro. Si evidenzia una «notevole crescita» dei soggetti nella classe «fino a 5mila euro», attribuibile prevalentemente a titolari di partita Iva, in contabilità semplificata per i quali nel 2017 è cambiato il criterio di determinazione del reddito d'impresa che passa dal criterio di competenza al criterio di cassa e quindi al momento di regolazione finanziaria dell'operazione.
«Queste elaborazioni spiega Stasi - si riferiscono alle dichiarazioni del 2018, relative all'anno d'imposta 2017. Il contesto macroeconomico nel 2017 è stato caratterizzato da un Pil in crescita (+2,0 per cento in termini nominali e +1,6 per cento in termini reali) che ha consolidato il processo di ripresa iniziato nel 2015».
A beneficio del contribuente, il presidente provinciale di Aidc, Daniel Cannolletta, sottolinea, dalla sua alcune fra le più importanti novità introdotte. «Tra le novità fiscali di maggior interesse per l'anno d'imposta 2017 - spiega Cannoletta - si segnala che è stato elevato a 717 euro il limite delle spese di istruzione per la frequenza di scuole d'infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado. Altra interessante novità è stata quella relativa al fatto che, a decorrere dal primo gennaio 2017, è stata uniformata la disciplina delle detrazioni applicabili a tutti i pensionati, senza più distinzione tra pensionati di età inferiore o superiore a 75 anni. La disciplina più favorevole già prevista per i pensionati con almeno 75 anni viene estesa a tutti i pensionati. Le detrazioni rimangono differenziate in relazione al reddito complessivo del pensionato stesso e devono comunque - afferma il commercialista - essere rapportate al periodo di pensione dell'anno».
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