Road 66, i vent'anni del locale cult della movida leccese

Road 66, i vent'anni del locale cult della movida leccese
di Leda CESARI
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Sabato 20 Febbraio 2016, 12:37 - Ultimo aggiornamento: 12:45

Sei gennaio 1996. Quel giorno la 66, “official route from Chicago to Los Angeles”, fece un’altra vittima. Anzi, quattro: quattro giovani leccesi da poco usciti dall’adolescenza, e dalle prime discoteche del Salento. «Eravamo Roberto Portaluri, Fabrizio Nuzzo – purtroppo mancato nel 2009 – Francesco Ruffolo ed io. E questo mito che avevamo dentro: la “Mother Road”. Dieci milioni a testa, tante cambiali e nacque il Road 66, in via dei Perroni a Lecce. Ci indebitammo a morte, 120 milioni di lire solo il primo anno, per comprare soprattutto il legno, ancora quello su cui sei seduta. I primi anni furono durissimi, perché Lecce non era ancora pronta alla nostra filosofia. Immaginava cose turche, qui dentro…».
Poi il secolo cambiò, il millennio pure. Arrivarono gli universitari, nacque la movida leccese e fu successo. Un successo che non accenna a calare, racconta oggi Danilo Stendardo, unico reduce di quel gruppo di coraggiosi ragazzini: così, col vento in poppa e dentro il cuore la polvere di quella strada che ha ispirato John Steinbeck e le Harley-Davidson, Chuck Berry e i Rolling Stones, il Road 66 ha appena compiuto vent’anni. Per festeggiare la ricorrenza, a fine febbraio, saranno giorni e giorni di festa, con artisti e musicisti che daranno il senso della strada percorsa dal locale, appunto, lungo la carreggiata di due decenni di storia. E motivo per Danilo per reggere ancora chissà quanto dietro il bancone di legno consumato di via dei Perroni, sotto quel tracciato stretto e lungo che è tutto un programma: Road 66. La strada che non ti lascia mai. Anche se non hai mai calpestato il suo asfalto.
Lecce reduce dai Favolosi Ottanta, anni d’oro di piazza Mazzini e dintorni: resistevano il bar Katia e il Poker, aprivano l’American Disaster e Arnold’s, l’Aquila d’oro e lo Stella Artois, unico sopravvissuto in piazza Ludovico Ariosto. L’idea del pub in stile Usa era nata dopo che i quattro amici avevano visitato l’Europa, e qualcuno di loro, appunto, la Route 66. Così alle mattonelle della prima versione del locale originario, ex club privato, era subentrato il legno: ecco Road 66, uno dei primi pub di Lecce, di certo tra i più longevi. E l’impresa riuscita: sbancare in un centro storico ancora off-limits. E oggi la medaglia sul petto di aver contribuito al suo recupero, grazie alla collaborazione con le amministrazioni che si sono succedute da allora a oggi. «All’epoca, a parte la Torre di Merlino, spadroneggiavano il Cabiria, il Joyce, la creperia Nené, le Etnie, tutti nei pressi di corso Vittorio Emanuele, ma poi la gente, grazie alla Torre di Merlino e a noi, si spostò anche da questa parte. Nacque la movida leccese, che ha fatto scalpore in tutta Italia, nel nostro meraviglioso borgo antico. Certo, ci vorrebbero ancora un po’ di servizi per migliorarlo: più parcheggi, più iniziative, forse anche un po’ di sicurezza in più. Ma, oggi come oggi, è davvero bellissimo».
E dire che quando a metà degli anni Novanta se ne decise la chiusura al traffico furono insurrezioni e minacce: «Vero, ci lamentammo tutti di questa decisione, pensando che i clienti sarebbero diminuiti. Invece è successo il contrario: avevamo torto. Come all’epoca del divieto di fumo nei locali pubblici…. Piccoli episodi di miopia che per fortuna si superano». Come le guerre con i residenti, la chiusura della base Nato di San Vito dei Normanni (“15mila persone tra militari e famiglie che venivano qui per ritrovare un soffio della loro Old America”), le notti insonni (“apertura alle 19, chiusura non prima delle 4. E la mattina presto spesa, fornitori…. Un massacro”).
Nel 2003 il locale, inizialmente votato a drink e musica dal vivo – come imponeva la clientela universitaria a tre zeri e la crescita esponenziale dell’ateneo leccese– si ampliò e imboccò con maggiore decisione la strada del gusto, e del suo daimon a stelle e strisce: steakhouse, hamburgeria, birreria. Il pubblico si adeguò, anche perché era passata l’onda lunga degli Ottanta divenuti Novanta: «Oggi in società ci sono mia sorella Vanessa e Simona Greco, ma non siamo più il locale di movimento di un tempo, non si balla più sui tavoli con la musica dal vivo. Oggi siamo molto più food, e questo piace sia ai leccesi che ai turisti». Ogni tanto l’estro di finirla qui – «per gli anni a venire mi auguro un poco di tranquillità e meno rinunce: non so ancora come, ma sto studiando per questo» – anche perché nel frattempo, per gemmazione o società varie, sono nati tanti fratelli del Road: nel 2001 il Caledonia, in via Liborio Romano (gestito fino al 2004), poi nel 2006 il Rubens Brasserie di via Matteotti; ancora, il Tennent’s grill di via Taranto; l’Allegra Scottona a Maglie; ancora a Lecce l’Old School 66 (divenuto Casa Maialotti nel 2013), poi la Birrosteria Moretti di via Taranto e nel 2010 l’Osteria del Feudo a Melpignano.
Obiettivo, insomma, appendere le scarpe al chiodo: forse. Perché la Route 66 non è di quelle che consentano abbandoni. Ti stanno dentro, quasi tiranneggiandoti, e basta: «Sono qui sette giorni su sette, 365 giorni all’anno», ammette Danilo. «Quest’anno siamo stati chiusi a Natale e San Silvestro per la prima volta in vent’anni. Non ho più le forze per reggere tutto questo. Sto meditando di passare ad altro», ripete per la terza volta, più per autoconvincersi che per convincere, «ma poi è sempre qui che torno».
Da domani dunque al via i festeggiamenti: due settimane di eventi tra concerti e festa della birra.

Si va avanti fino al 4 marzo. Domani ad aprire i festeggiamenti Tobia Lamare & A.C. Junior. Venerdì ci saranno Piero, Matteo & Bemolle from Toromeccanica. Non mancheranno gadgets e torta per tutti i clienti affezionati.

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