Bonus edilizi, il retroscena: due attentati incendiari e le estorsioni. «I capitali alla criminalità organizzata»

Bonus edilizi, il retroscena: due attentati incendiari e le estorsioni «I capitali alla criminalità organizzata»
Bonus edilizi, il retroscena: ​due attentati incendiari e le estorsioni «I capitali alla criminalità organizzata»
di Roberta GRASSI
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Mercoledì 28 Febbraio 2024, 10:14 - Ultimo aggiornamento: 13:57

Due attentati incendiari, un'estorsione e rapporti con la criminalità organizzata su cui si stanno conducendo ancora ulteriori approfondimenti.

La convinzione degli investigatori è che dietro al maxi raggiro con i bonus "facciate", strutturato nella forma dell'asssociazione per delinquere, ci siano le mani della Scu. E che quindi l'intero meccanismo sia in realtà un sistema per ottenere e per far transitare, di società in società (nel provvedimento restrittivo si narra della costituzione di numerose microaziende collegate fra loro), flussi di denaro ritenuti alla fine "capitali illeciti".
Nelle intercettazioni telefoniche si parla di un "fratello di Scu", in uno degli incontri che sarebbero avvenuti a margine della gestione degli affari.

I dettagli

C'è poi, sempre nelle conversazioni, il timore di essere stati coinvolti in indagini della Dda, oltre a un atteggiamento reticente ritenuto tipico di certi ambienti, per "coprire" altre persone che avrebbero operato nell'ombra.

Si parla di un indagato, Donato Lezzi, di Copertino, che è accusato anche di aver estorto denaro al presunto capo del maxi raggiro, Monsellato. E che sarebbe stato «inserito negli ambienti malavitosi locali e ha collegamenti con la criminalità organizzata, visto che ha accompagnato Monsellato ad almeno un incontro con esponenti di vertice di organizzazioni mafiose e ha fatto da intermediario tra Monsellato e coloro che gli avevano incendiato l'abitazione per estorcergli denaro».

Due i roghi, in realtà, in danno di Monsellato. Incendi che lo avevano fortemente allarmato, fino a temere per la propria incolumità. E numerose richieste di denaro (fino a 150mila euro) sia da parte di gente che avrebbe appreso della sua disponibilità di denaro, sia da altri. Sarebbe riuscito a cavarsela, solo facendo sapere che i fondi erano bloccati in Lituania. Ma il giro, a quanto risulta dalle investigazioni, sarebbe stato bene noto nel territorio.
Il gip, nella parte dell'ordinanza dedicata alle esigenze cautelari, specifica inoltre che Lezzi, proprio colui il quale è ritenuto vicino ad ambienti malavitosi, «si sarebbe fatto firmare dai beneficiari delle pratiche una dichiarazione in cui essi affermavano di non conoscerlo, circostanza da cui si desume il concreto rischio che egli possa tornare ad avvicinare quei soggetti per indurli a rendere dichiarazioni a suo favore».

Insomma, sul "sistema" continuano le verifiche della Finanza, che sta procedendo anche con l'ausilio di reparti specializzati nelle frodi e nell'utilizzo delle agevolazioni statali. L'allarme, questo va detto, era stato lanciato contestualmente alla messa a disposizione di rimborsi "facilitati" per lavori di efficientamento. Tanto più le procedure sono snelle, si sosteneva all'epoca in tutti i report Antimafia, tanto è più facile che le organizzazioni criminali riescano a interferire per ottenere capitali da reinvestire in attività illecite.
È quello che gli investigatori ritengono sia accaduto anche in questo caso, con l'associazione per delinquere finalizzata a ottenere il denaro dei bonus facciate con uno stratagemma non troppo ingegnoso, per lo meno non nella domanda di accesso, ma particolarmente intricato nella sua seconda fase. Quella su cui sono tuttora puntati i riflettori: come far rientrare in Italia i capitali e soprattutto nella disponibilità di quali persone e per quali scopi.

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