Gambarotta: «Quel caffè che mi cambiò la vita (e la carriera)»

Gambarotta: «Quel caffè che mi cambiò la vita (e la carriera)»
di Claudia PRESICCE
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Lunedì 31 Luglio 2023, 04:40

“Sono pressoché certo che nessuno abbia avuto la vita cambiata dalla marca di un caffè…”. Be’, la sua invece lo fu, una lontana sera di ottobre del 1987. Accadde durante lo show “Fantastico ‘87” su Raiuno: il conduttore, tal Celentano Adriano, chiese a uno degli autori di aiutarlo nella diretta della promozione dello sponsor. Trattavasi di una nota marca di caffè che nella puntata di apertura proprio lui, il Molleggiato, aveva candidamente confuso e mischiato con un’altra del tutto estranea allo show. Sì, Celentano assieme alla marca sponsor che manteneva, con cospicui fondi, parte del suo grosso cachet e dell’intero spettacolo, aveva promosso tutt’altra azienda che gli era, per caso, sovvenuta in mente. Da quel giorno, ripreso e minacciato dai dirigenti, volle essere affiancato al momento del gioco del caffè sponsor: e chi scelse per compagno fisso di quest’avventura? Un autore dalla naturale verve comica che si palesò sul grande schermo e iniziò una nuova carriera. 
“Così Splendid ha dato un senso alla mia vita, fino a quel momento noiosa e grigia”: lo racconta Bruno Gambarotta nel suo ultimo delizioso libro: “Fuori programma. Le mie memorie dalla Rai” (Manni; 16 euro; 192 pagine) memoir del brillante scrittore, giornalista, conduttore televisivo e radiofonico italiano. Sarebbe da quel giorno diventato un volto noto della tv italiana (contribuendo al grande successo di quello show), dopo aver già lavorato dietro le telecamere, dietro le quinte e nelle stanze dei bottoni per decenni. È solo il primo di una serie di storie, aneddoti curiosi, scenette, che un po’ di tempo fa si sarebbero chiamate “sketch”, che 
Gambarotta con la sua proverbiale ironia ricostruisce tra le pagine sotto forma di racconti della sua storia personale. Racconta di sé e della sua vita tra gli studi di Mamma Rai, come ci è arrivato e parte di ciò che ha visto scorrere come un film (a riguardarlo oggi) davanti a sé.

Dagli esordi da cameramen alla conduzione

Dagli esordi come cameraman a programmista e infine tra i protagonisti di prime serate, ha seguito da dentro l’avvicendarsi delle stagioni della Rai di un tempo, quella “pedagogica” e ricca di contenuti, fino a vederla diventare via via più commerciale (in concorrenza con la tv privata) durante i suoi cinquant’anni di carriera dal 1962 al 2011. Emergono così memorie di una tv di Stato italiana più genuina, popolata da personaggi grandi, a volte capricciosi a volte geniali, e animata da avventure piccole e grandi, non sempre edificanti, ma sempre rivisitate con quella gioiosa apertura mentale di chi ha capito tutto e sa cogliere il lato divertente e grottesco delle cose della vita. Da qualche parte c’è sempre. Anche laddove vorresti mandare tutto (o tutti) quel paese. Per esempio nel caso della preparazione dei preventivi necessari alla realizzazione di un nuovo programma: dovevano passare al vaglio dell’integerrimo dirigente Carlo Canepari, giunto alla Rai da Alessandria. 
“Come molti piemontesi era ligio a un dovere che per lui consisteva nel non licenziare un preventivo senza aver preteso un taglio di qualcuna delle voci – scrive Gambarotta – tassativo. Tosare i preventivi era la sua missione su questa Terra”. E allora il buon autore, per aggirare lo spigoloso problema, che cosa faceva per rendere felici tutti, Canepari compreso? 
Gambarotta si accordava col regista per aggiungere una voce in più al progetto e gonfiare così con qualcosa di inutile e oneroso ogni preventivo. “Ho trascorso interi pomeriggi nella casa di Sandro Bolchi in via Salaria, a inventare con lui sequenze farlocche destinate al sacrificio. Sandro mi dava lezioni di recitazione…”. Fa sorridere già immaginarli. Bolchi spiegava al suo amico Bruno che doveva farsi furbo e mostrarsi disperato davanti ai tagli di Canepari (previsti già dal …complotto), e battersi fino a strapparsi i capelli: tanto, gli diceva beffardo, tu ne hai tanti. E come non citare le peripezie realizzate sui treni per “Specchio segreto” con un indimenticabile Nanni Loy, quando Gambarotta in divisa per mimetizzarsi meglio tra i controllori, doveva passare per impiegato delle Ferrovie dello Zambia e dava spiegazioni impossibili a chi chiedeva cosa si facesse in quel vagone chiuso dietro gli specchi? 
Figurine di un mondo lontano si affastellano in una danza ironica quanto dolcemente nostalgica: si incontra pure un Carmelo Bene degli anni Settanta, con tutto il suo genio e le sue infinite fragilità che nel 1979 a Torino in un enorme studio della Rai procede alla registrazione di un mastodontico “Otellocc o la deficienza della donna”.

C’era anche Cosimo Cinieri che per apparire sudato nei panni di Jago e più verosimile possibile, si faceva correre avanti e indietro fino allo sfinimento… Il clima delle pagine del libro è in questi brevi assaggi, con l’idea sottesa della grandezza di spirito che celavano certi personaggi. E la nostalgia, tanta, per un Belpaese popolato da signori per bene, educati e colti, che non c’è più. ]© RIPRODUZIONE RISERVATA

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