L'intervista/Alfredo Mantovano
«Sciogliamo il Pdl. Ora volti nuovi»

L'intervista/Alfredo Mantovano «Sciogliamo il Pdl. Ora volti nuovi»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Mercoledì 26 Settembre 2012, 11:52 - Ultimo aggiornamento: 9 Ottobre, 16:31
LECCE - Ci vuole il reset del Pdl.

Occorre uno schieramento che dia spazio a coloro che non hanno alle spalle un’esperienza politica, ma con competenze nelle professioni e nell’economia. Sfruttando disponibilit che gi ci sono.

Alfredo Mantovano, parlamentare Pdl ed ex sottosegretario: invoca lo spacchettamento del partito?


«No, parlo proprio di scioglimento. La situazione attuale ha elementi di analogia con quella del 92-93: anche all’epoca il pentapartito aveva problemi seri di salute, e più di uno riteneva che fosse solo un raffreddore di passaggio. Anche all’epoca c’era l’esigenza diffusa di rinnovamento: ci furono sondaggi con alcune personalità per capire se erano nelle condizioni di guidare un fronte moderato, e dinanzi alla risposta negativa fu Berlusconi a prendere l’iniziativa in prima persona».

Sono passati 20 anni.

«Ma l’esigenza che il rinnovamento coinvolga settori delle professioni e dell’economia che hanno mostrato capacità di elaborare proposte credo sia nell’ordine delle cose. Il nuovo schieramento dovrà essere il più inclusivo possibile. A titolo esemplificativo ho indicato Montezemolo e Giannino. Ma l’appello è innanzitutto a quanti nel Pdl, nonostante le difficoltà del momento, continuano ad essere presentabili».

Il professor Campi ha parlato di «autocombustione della destra»: il Laziogate ne decreta il fallimento definitivo?

«Nel bene e nel male, ci vuole equilibrio nelle valutazioni. Certo, oggi è il momento della delusione, delle attese non rispettate. Le cause sono tante, non tutte dipendenti da incapacità o dai fatti sotto gli occhi di tutti».

Azzerare per ricostruire: con quale tipo di ricambio? Generazionale? Valoriale? Della struttura partitica?

«Ci sono tante pseudo-soluzioni da mettere da parte, troppo semplicistiche. Una di queste è quella in base alla quale basterebbe il certificato anagrafico: le vicende laziali dimostrano che larga parte dei protagonisti sono giovani. Né è un problema di dialettica tra ex An ed ex Forza Italia, ormai superata dai fatti. È inimmaginabile tornare a 4-5 anni fa».

C’è chi lavora in tal senso però.

«C’è stata solo qualche evocazione a mo’ di minaccia da chi rappresenta solo una parte, nemmeno maggioritaria, della ex An. Ma basti guardare i congressi provinciali: in nessun caso c’è stata una contrapposizione ex An-ex Fi».

Lei invita, oltre che a calamitare lembi di società civile, anche a valorizzare chi ha dato buona prova di sé nel partito: epurazione delle mele marce e selezione dei migliori, ma sulla base di quali criteri?

«Bisogna procedere con buonsenso. Se chiedessimo agli elettori di centrodestra, ci darebbero le risposte più adeguate: conta il certificato penale e il bilancio dei risultati ottenuti. E la classe dirigente potrebbe essere scelta con le primarie».

Il nuovo partito quale identità politica dovrebbe avere?

«La realtà ha ormai escluso partiti a forte connotazione ideologica. Il senso di realtà impone di considerare che l’agenda Monti non può durare un anno: sarebbe strano se oggi gli italiani facessero sacrifici pesanti e tutto questo venisse disperso dopo le elezioni. Sarebbe saggia per tutta la politica una dichiarazione d’intenti a non toccare la sostanza di quanto fatto in questi mesi. Il governo che verrà dopo le elezioni sarà guidato da una persona diversa da Monti, avrà molti ministri politici, ma non potrà fare cose radicalmente diverse».

Come abolire l’Imu, ad esempio. L’ha proposto Berlusconi...

«Ecco: tra le dichiarazioni d’intenti ci dovrebbe essere l’impegno a non essere troppo sensibili ai programmi a cui si tiene di più. E dunque il Pd dovrebbe assumere l’impegno a non stravolgere la riforma delle pensioni, e il centrodestra a non rivoluzionare - almeno nell’immediato - quel livello di tassazione esoso ma che garantirà nel giro di pochi anni il pareggio di bilancio».

Questo complessivo percorso di rinnovamento cozza contro la discesa in campo di Berlusconi.

«Il punto di partenza dev’essere l’insoddisfazione dell’elettorato di centrodestra. Da qui le proposte di azzeramento. Come poi si procederà è difficile programmarlo passo dopo passo. Berlusconi ha costituito e guidato il centrodestra, e non si può prescindere da lui. Ma quale ruolo avrà lo deve decidere lui».

I circoli Nuova Italia, di cui lei è coordinatore, che ruolo devono ritagliarsi in questo contesto?

«Non polemico, ma propositivo. Quando ci riuniremo a Bari il 6 ottobre arriveremo con un documento fatto di proposte nazionali e regionali, per dialogare - come facciamo - anche con associazioni, sindacati e categorie».

Nuova Italia sarà “marchio” sulla scheda elettorale?

«È già successo, con buoni risultati. In chiave di aiuto e coinvolgimento di chi diversamente rimarrebbe a casa è un’ipotesi da non escludere: è qualcosa che si aggiunge».

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