Battiato, quella volta che il maestro stregò la Taranta con la sua semplicità

Battiato, quella volta che il maestro stregò la Taranta con la sua semplicità
di Alessandra LUPO
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Mercoledì 19 Maggio 2021, 08:32 - Ultimo aggiornamento: 20 Maggio, 18:12

Dall'alba di ieri, quando la notizia della sua morte ha invaso le anime e l'etere, la musica di Franco Battiato risuona incessantemente nelle radio e nelle case, nei negozi e ovviamente sulla rete. Tutti sanno quanto ha significato per il suo pubblico. Ammesso che si possa parlare di un pubblico: Battiato, come solo ai grandi accade, è un patrimonio collettivo. E lo è da talmente tanto tempo da avere attraversato le epoche, con la sua sbadata eleganza, trasformando la sua musica e rafforzando la sua aura mistica fino a far perdere nella percezione collettiva gli stessi confini della sua finitezza terrena.

Le parole della Cura per dirgli addio

Da ieri in tanti hanno citato La cura e il suo celebre passaggio Supererò le correnti gravitazionali. Lo spazio e la luce per non farti invecchiare cedendo alla tentazione di pensarlo disperso in uno spazio cosmico divino, finalmente libero dall'incubo delle passioni, citate in un altro celebre brano.

La ricerca e la musica


Ma al di là delle suggestioni, Franco Battiato è stato soprattutto un musicista dalle grandi curiosità intellettuali. La sua ricerca filosofica, spirituale ed esoterica ha sempre trovato una corrispondenza nella sua esistenza e quindi nella sua produzione musicale, letteraria e filmica. Un grande e ininterrotto discorso capace di segnare chi lo ha conosciuto e di renderlo agli occhi del pubblico un maestro.
Per chi vive alle nostre latitudini il nome di Battiato è legato a tante esperienze ma la vera epifania per tanti fu una sua indimenticabile partecipazione al concertone de La Notte della Taranta. Era il 2004, l'organizzazione del Festival era una macchina di entusiasmo, ricerca e caos attorno al progetto dell'Orchestra popolare che muoveva i primi passi con il maestro concertatore Ambrogio Sparagna.
«Entrò da subito in sintonia con la nostra musica - ricorda Massimo Manera, presidente della Fondazione e allora a capo dei comuni della Grecìa Salentina -. Nessuna traccia del suo proverbiale riserbo: era felice e affabile».

L'estate magica del 2004


In quell'agosto, come in un sogno, il maestro si palesò sul palco e senza cedere ad alcuna tentazione autoreferenziale si mise a servizio della musica popolare salentina interpretando due dei brani più significativi del repertorio: Quannu te llai la facce la matina e Damme la manu. I video di quella notte scorrono lievemente sbiaditi dal tempo, inconsapevoli di aver fermato una pagina di storia, quantomeno locale. Ad annunciare Battiato sul palco, un grande signore del Sud, fu Giovanni Lindo Ferretti.

L'ex leader dei Csi era alle prese con la sua personale rivoluzione, che in una manciata di anni lo aveva trasformato dall'icona del punk anni 80 all'ispirato cantore che è stato nei decenni successivi. In questo percorso, i due avevano collaborato e la voce di Battiato compariva come cameo proprio alla fine della cover che il gruppo aveva realizzato di E ti vengo a cercare.

Il legame con Sparagna


Ma il legame con la Taranta arrivava soprattutto dalla lunga amicizia con Ambrogio Sparagna. «Lo avevo conosciuto con De Gregori e quando gli raccontai il progetto dell'orchestra non ci pensò due volte. Arrivò alle prove e iniziò a stringere la mano a tutti, era impressionato dall'imponente numero degli strumenti popolari». Sparagna ricorda la semplicità con cui superò il timore reverenziale dei musicisti. E come si adattò agli arrangiamenti turbolenti di quell'anno senza battere ciglio. «Era entusiasta e rispettoso del progetto. Tanto da influenzare anche i big che arrivarono dopo, De Gregori e Dalla in primis». «In queste ore - racconta ancora Sparagna - ho ripensato a quel brano. Il testo dice Damme la manu e tienimela forte, fino alla morte. Oggi quel ricordo mi ha stordito».

La fratellanza con Buonvino


Ma il filo rosso con la Taranta arriva ai giorni nostri. In pochi sanno infatti che l'attuale maestro concertatore, Paolo Buonvino, è stato uno dei più stretti amici di Franco Battiato. «Era il mio fratello maggiore - racconta commosso il compositore -. Avevamo in comune l'interesse per certe zone come le chiamava lui: le nostre biblioteche erano simili per tre quarti: penso all'amore comune per Willigis Jager. Qualche volta abbiamo raggiunto gli autori per discutere di alcuni argomenti. Ho mille ricordi di lui e mi ha reso in buona parte quello che sono: mi ha insegnato a mettere i valori in fila in un certo modo piuttosto che in un altro. Oggi forse sorriderebbe per questo interesse collettivo nei suoi confronti - prosegue Buonvino -: ma Battiato è nel cuore di tutti, è stato un illuminato capace di vedere dove gli altri non arrivano. Un vero dono. Io l'ho conosciuto quando uscì Come un cammello in una grondaia- aggiunge -. In quel disco c'è una frase: È ancora sto aspettando un'ottima occasione per acquistare un paio d'ali e abbandonare il pianeta. E oggi lo ha fatto».
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