Il Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Bari Palese ha costituito un danno all’identità del capoluogo pugliese. Lo ha stabilito la corte di Cassazione pronunciandosi su una vicenda riguardante i centri nati per trattenere gli stranieri in regolari in vista dell'eventuale provvedimento di espulsione. Il Comune di Bari dovrà essere risarcito, ma a stabilirne la quantificazione sarà la Corte di appello.
Danno d'immagine e danno d'identità: le differenze
La Cassazione ha escluso che il Ministero dell'Interno con la mala gestione del Cie abbia provocato un danno all'immagine: il Comune non ne ha alcuna responsabilità e, quindi, la sua immagine non è toccata. Era stato invece affermato in Appello, e la Cassazione lo ha confermato, che il Ministero con quella mala gestione ha aveva danneggiato l'identità del Comune di Bari in quanto lo statuto la configura come "città aperta, ponte tra Occidente e Oriente anche in nome di San Nicola", e non quindi come luogo di possibile segregazione.
Cosa è successo
Il danno di identità, «altra cosa rispetto al danno d'immagine» stando a quanto si legge nella pronuncia della corte di Cassazione, sarebbe imputato alle condizioni inumane di detenzione dei migranti all’interno del Cie.
Cosa sono i Cie
I Cie sono strutture destinate a trattenere gli immigrati irregolari che devono essere espulsi dal territorio italiano. Il punto di partenza è il 1998 quando viene approvata in Italia la legge Turco-Napolitano con nascono i Cpt (Centri di permanenza temporanea). La struttura dei Cpt viene confermata dalla Bossi-Fini del 2002. Poi, nel 2008, la modifica: con il decreto "Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica" poi convertito in legge, i Cpt assumono il nome di Centri di identificazione ed espulsione.