Bari, torture su un detenuto? Un agente penitenziario ammette e chiede scusa

Bari, torture su un detenuto? Un agente penitenziario ammette e chiede scusa
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Lunedì 14 Novembre 2022, 18:23 - Ultimo aggiornamento: 18:24

L'ammissione e le scuse: «Ho sbagliato». Uno dei tre agenti di Polizia penitenziaria agli arresti domiciliari perché accusati di aver picchiato un detenuto 41enne con problemi psichici ha ammesso i «fatti contestati». Si tratta di Domenico Coppi, in servizio nel penitenziario di Bari dove sarebbe avvenuto il pestaggio e dove lavorano anche gli altri agenti e assistenti finiti nei guai il 9 novembre scorso, con l'accusa - fra gli altri - di tortura. Insieme a Coppi sono infatti indagati e agli arresti domiciliari gli agenti Raffaele Finestrone e Giacomo Delia: il primo ha risposto alle domande del gip nell'interrogatorio di garanzia svoltosi questa mattina, 14 novembre, mentre il secondo - rappresentato dall'avvocato Antonio La Scala - si è avvalso della facoltà di non rispondere. Sono stati ascoltati anche altri sei agenti, per i quali è stata disposta la sospensione temporanea dal servizio dagli 8 ai 12 mesi. In tutto gli indagati sono 15, compresi il medico e tre infermieri del carcere barese.  I reati contestati a vario titolo sono tortura, falso ideologico e materiale, omissione di atti d’ufficio per non aver impedito le torture, violenza privata e omessa denuncia.

Il fatto contestato

La presunta aggressione sarebbe avvenuta il 27 aprile scorso, dopo che il detenuto 41enne aveva dato fuoco ad un materasso nella sua cella.

Se il 58enne Coppi, difeso dall’avvocato Fabio Schino, ha ammesso gli addebiti, Finestrone, di 57 anni, con l’avvocato Donato Marcucci ha respinto le accuse riferendo di essere intervenuto in una «situazione di pericolo in seguito all’incendio». 

Oggi ci sono stati anche gli interrogatori di garanzia degli altri sei agenti penitenziari indagati per i quali il gip ha disposto la misura della sospensione temporanea, dagli 8 ai 12 mesi. Tra gli agenti con l’interdizione più alta (12 mesi), Antonio Rosati ha fornito la propria versione dei fatti respingendo le accuse. Rosati è difeso dall’avvocato Salvatore Campanelli. Sono quindici complessivamente gli indagati, tra cui un medico e tre infermieri del penitenziario barese. I reati contestati a vario titolo sono tortura, falso ideologico e materiale, omissione di atti d’ufficio per non aver impedito le torture, violenza privata e omessa denuncia.

I pubblici ministeri titolari dell'indagine, Giuseppe Maralfa e Carla Spagnuolo, hanno disposto per il 17 novembre prossimo un accertamento tecnico non ripetibile sui telefonini sequestrati agli indagati.

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