PopBari, caos al processo. Longo: «Avvicinato da Jacobini dopo l'udienza»

PopBari, caos al processo. Longo: «Avvicinato da Jacobini dopo l'udienza»
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Giovedì 15 Dicembre 2022, 15:27 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 03:57

Sconfinamenti per 15 milioni di euro senza passare dal Consiglio di amministrazione, attraverso l'emissione di extra fido in favore della società Maiora, del gruppo Fusillo. E forti dubbi espressi sulla cosiddetta "operazione Malta" che, alla viglia del Natale 2018, avrebbe dovuto portare liquidità alla Banca Popolare di Bari già in fortissima difficoltà. Su questi punti è tornato Alberto Longo, ex presidente del collegio sindacale dell'istituto di credito, sentito nell'aula allestita alla Fiera del Levante di Bari come testimone dell'accusa nel processo che vede imputati Marco e Gianluca Jacobini, padre e figlio, rispettivamente ex presidente ed ex condirettore generale della banca, accusati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo all'attività di vigilanza di Bankitalia e Consob. Longo (che era inizialmente indagato ma poi la sua posizione è stata archiviata) stamattina è tornato su alcuni momenti chiave che hanno portato al crac della Popolare nel corso del controesame della difesa degli imputati Marco e Gianluca Jacobini. «Al cliente Maiora il Cda aveva imposto un limite di 125 milioni di euro di affidamento. Ogni centesimo in più richiesto avrebbe dovuto essere approvato dal Cda - ha detto Longo - L'extra fido concesso a Maiora è passato dal comitato crediti, senza che il Cda fosse informato». Longo ha proseguito spiegando che «sia il presidente della banca, Marco Jacobini, sia l'amministratore delegato Giorgio Papa partecipavano a quelle riunioni, ma erano anche membri del Cda, che avrebbero dovuto avvisare il giorno successivo. Ma questo non è successo. Io invece non ho mai partecipato - ha precisato - venivo invitato ma non ero obbligato e ho voluto restare indipendente».

«Era un Paese a rischio»

«Ho fatto presente che Malta era un Paese a rischio - ha precisato - che non ci sarebbe stata certezza sulla provenienza dei soldi.

Nel verbale al termine del Cda queste frasi di ammonimento sono però state attribuite a Marco Jacobini. Quel verbale è stato falsificato». Il successivo 23 aprile, prosegue Longo, «ho inviato una denuncia alla Banca d'Italia, sollevando dubbi sulla governance ormai del tutto bloccata a causa della lite fra Gianluca Jacobini e Vincenzo De Bustis». «L'obiettivo - ha proseguito Longo - era allontanare De Bustis (ex dg della banca, ndr) pochi mesi dopo essere stato fortemente voluto dalla banca«. Longo ha anche ricostruito i suoi rapporti personali ed extra professionali con la banca, tornando a un episodio avvenuto prima della sua nomina. »La banca ha chiesto a una cantina di cui ero socio al 50 per cento di fornire alcune bottiglie da regalare a Natale a soci e dipendenti. È successo diversi anni prima della mia nomina e l'accordo è durato solo un anno». La prossima udienza è stata fissata il 30 gennaio 2023. 

Il rapporto con Jacobini

Lo scorso 17 novembre, al termine dell'ultima udienza, l'ex presidente del collegio sindacale della Banca popolare di Bari, Alberto Longo, ascoltato come testimone nel processo sul crac dell'istituto di credito sarebbe stato avvicinato da Gianluca Jacobini. L'ex condirettore generale della Banca popolare di Bari, imputato insieme con suo padre Marco, avrebbe detto a Longo «non dovevi dire determinate cose», aggiungendo «ognuno faccia il suo». A sollevare la questione, durante l'udienza di questa mattina nell'aula allestita alla Fiera del Levante, è stata la pm Savina Toscani, che ha spiegato di essere venuta a conoscenza solo oggi di quello che ha definito «un fatto gravissimo». La pm ha quindi chiesto la trasmissione del verbale in Procura. Un atto volto ad accertare se vi siano state intimidazioni al testimone. Completamente diversa la versione dell'episodio fornita dalla difesa di Jacobini che, parlando con i giornalisti a margine dell'udienza, ha precisato che sarebbe stato «Longo ad avvicinarsi a Jacobini, non viceversa». «Evidentemente - ha aggiunto il difensore Giorgio Perroni - Longo, innervosito dal contenuto della sua deposizione e dalle varie situazioni nelle quali è stato messo in difficoltà, ha ritenuto di fornire una versione che secondo noi non corrisponde al vero». «È una cosa ridicola - prosegue - Il fatto che Longo abbia riferito questa circostanza in udienza e non sia andato immediatamente a fare una denuncia dimostra chiaramente l'infondatezza della sue affermazioni». 

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