Matteo Messina Denaro e Capaci: la Puglia non dimentica i poliziotti morti con Falcone. Tina Montinaro: «Lo Stato ha vinto»

Matteo Messina Denaro e Capaci: la Puglia non dimentica i poliziotti morti con Falcone. Tina Montinaro: «Lo Stato ha vinto»
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Lunedì 16 Gennaio 2023, 12:00 - Ultimo aggiornamento: 19:49

Il superboss Matteo Messina Denaro era noto per una serie drammatica di episodi mafiosi e attentati. Tredici condanne all'ergastolo sono state inflitte a 16 boss accusati di essere i mandanti delle stragi del '92 in cui furono uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Tra i condannati figura anche Matteo Messina Denaro, arrestato oggi 16 gennaio dopo 30 anni di latitanza.

E altrettanto inevitabile è ricordare allora Antonio Montinaro che a settembre dello scorso anno avrebbe compiuto sessanta anni. Per il caposcorta di Giovanni Falcone, nato a Calimera nel Salento, il percorso di vita terminò a Palermo, sull’autostrada A29, il 23 maggio del 1992, insieme al suo giudice, la moglie Francesca Morvillo e ai colleghi Vito Schifani e Rocco Dicillo, altro pugliese nato a Triggiano.

A trent’anni dalla Strage di Capaci, il ricordo torna vivo dopo la cattura storica del boss.

La scorta

Montinaro si trovava a bordo di una scorta della prima delle tre vetture blindate (tre Fiat Croma) che riaccompagnavano il magistrato, appena atterrato a Punta Raisi da Roma, a Palermo. L'auto, di color marrone, era guidata da Vito Schifani, sul sedile posteriore stava l'agente Rocco Dicillo. Falcone guidava la Croma bianca che, assieme alla terza e ultima Croma azzurra, li seguiva e sulla quale viaggiavano anche la moglie Francesca Morvillo e, dietro, l'autista giudiziario Giuseppe Costanza. Nell'esplosione, avvenuta sull'Autostrada A29 all'altezza dello svincolo per Capaci, alle ore 17:57, i tre agenti morirono immediatamente, poiché la loro auto fu quella investita con più violenza dalla deflagrazione, tanto da essere sbalzata in un oliveto a più di dieci metri[1] di distanza dal manto stradale. A più di un’ora dall’attentato, a causa delle gravi emorragie interne riportate, morì Giovanni Falcone e, intorno alle ore 22:00, anche la moglie Francesca.

Tina Montinaro: lo Stato ha vinto

«Oggi per i familiari delle vittime della mafia e per i palermitani onesti è una bellissima giornata, una giornata di festa. Lo Stato ha vinto, ringraziamo tutte le forze dell'ordine, e i carabinieri in particolare, e i magistrati per questo risultato, per questa bella notizia dopo 30 anni di latitanza». A dirlo è Tina Montinaro, vedova di Antonio, il caposcorta del giudice antimafia, Giovanni Falcone, ucciso nella strage di Capaci, dopo l'arresto a Palermo dell'ormai ex superlatitante Matteo Messina Denaro. «Mi ha chiamato uno dei miei figli e mi ha dato la bella notizia - aggiunge -. Mi ha commosso vedere in tv le immagini delle persone presenti al momento dell'arresto che applaudivano. Significa che c'è tanta brava gente. Fa riflettere, però, il fatto che Messina Denaro abbia potuto contare su così tante persone accanto a lui che lo hanno protetto in tutti questi anni. C'è ancora tanto lavoro da fare in questa città, ma oggi è un giorno bellissimo». 

Un ricordo indelebile

Sono trascorsi 30 anni dalla strage di Capaci. Ma Calimera non dimentica. Da quel giorno, ogni 23 maggio, il paese che ha dato i natali ad Antonio Montinaro, torna ad onorare il suo poliziotto eroe, caposcorta del giudice Giovanni Falcone, ucciso in quell’attentato di mafia. Quella bomba - fatta esplodere alle 17:57 del 23 maggio 1992 all’altezza di Capaci - mise fine anche alla vita della moglie di Falcone, Francesca Morvillo, e degli altri uomini della scorta: Vito Schifano e Rocco Di Cillo.

A quell’atroce dolore seguì la nascita dell’associazione, “Nomeni (dal grico-raccolti) per Antonio Montinaro”, da parte della sorella del poliziotto ucciso, Matilde (Tilde per tutti). Una associazione che ha lo scopo di sensibilizzare le giovani generazioni alla cultura della legalità, “far conoscere e valorizzare la storia e l’umanità del concittadino Antonio Montinaro, vittima di mafia nella strage di Capaci del 23 maggio 1992”.

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