Bari, un altro pentito a Japigia: «Cambio vita per i miei figli»

Bari, un altro pentito a Japigia: «Cambio vita per i miei figli»
di Nicola MICCIONE
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Sabato 11 Maggio 2024, 07:27

«Japigia canta». Non è solo il nome di uno degli ultimi account attivi su TikTok per prendere di mira i collaboratori di giustizia, ma anche il clima che ha messo in subbuglio l’intero quartiere. E che, adesso, fa tremare i clan mafiosi. Dopo Gaetano Mastrorilli, 48enne affiliato con il grado di “quinta” al clan Parisi, nelle fila dei pentiti si aggiunge Michelangelo Maselli, 30enne affiliato con il grado di “quarta” o “santa” al clan Palermiti. Sono i nomi nuovi sbucati all’improvviso dal silenzio di questi giorni, a quasi tre mesi dal blitz “Codice interno” contro la mala di Japigia.

Cosa sanno i due pentiti?

Due nomi, dopo lo storico pentimento di Domenico Milella e le lacrime di Giovanni Palermiti, che non si trascinano dietro effetti speciali, ma che potrebbero conoscere molti fatti recenti e passati dei clan mafiosi di Savino Parisi e Eugenio Palermiti, a partire dalla guerra scoppiata nel 2017. «Prima (era l’estate del 2016) - ha ricordato Mastrorilli in un interrogatorio reso davanti ai pubblici ministeri dell’Antimafia - Milella esce dai domiciliari, problemi non ci stavano, ci andiamo a fare le vacanze, mi offre le vacanze, mi offre la vacanza a Fasano… dopo Fasano… a Savelletri… lui prende due ville, paga 15mila, 20mila, qualcosa del genere e mi porta». Forse il momento più florido del clan. «Noi abbiamo fatto dei weekend a Lecce, quando la guerra non c’era, siamo andati in un resort di Lecce», ha proseguito Mastrorilli, rinchiuso nel penitenziario di Reggio Calabria.

Milella, per anni braccio destro del capoclan Eugenio Palermiti e poco dopo diventato il pentito per eccellenza di Japigia che ha rivelato trame insanguinate e velenose che hanno coinvolto boss e picciotti, «mi pagava la vacanza. Mi voleva bene a me come una cosa e l’altra… a me, a mia moglie, i bambini». La prima vittima della faida di Japigia fu Francesco Barbieri, detto «u’ Varvir», ucciso il 17 gennaio 2017 in via Prezzolini perché «aveva cambiato il canale di approvvigionamento della droga», rifornendosi da Antonio Busco, rivale dei Palermiti. «Un ragazzo da non ammazzare assolutamente - ha raccontato ancora Mastrorilli -. “Che è successo a quello?”, ne parlo con gli amici nostri di lì dietro, dico: “Ma possibile questa cosa qua?”.

E poi dettero la colpa a questo Vito Valentino, che giravano voci che all’inizio volevano… diciamo… come che uscì una voce che era stato quello, perché quello…». Mastrorilli ha parlato anche dell'omicidio di Giuseppe Gelao, avvenuto il 6 marzo 2017, e di quello di Nicola De Santis, il 12 aprile 2017, prima della nascita della «società della guerra» per sostenere il conflitto e permettere la cacciata degli scissionisti capeggiati da Busco dal rione.

«I cassieri erano Triggiani (Francesco) e Ruggieri (Michele): la società dura poco più di un mese, io vendevo droga tramite Michelangelo Maselli», l’ultimo collaboratore che sta provando a modellare l’impasto nero di Japigia con i suoi racconti che descrivono intese non ancora esplorate. L’uomo, anche lui come Mastrorilli arrestato nell’ambito dell’indagine “Codice interno”, ha deciso di «collaborare con la giustizia per i fatti di cui io ed i miei familiari siamo stati vittime e ho deciso di cambiare vita anche per loro» ha spiegato ai magistrati. Anche Maselli ha parlato dell’omicidio Barbieri, «ucciso perché prima acquistava droga da Milella. Era sempre stato vicino a loro». La vittima, per gli inquirenti, era a capo di una «prosperosa e ramificata rete di spaccio di cocaina», acquistata dal clan Palermiti. Un mese prima dell'omicidio, aveva però iniziato a rifornirsi di «droga da Busco - ha detto Maselli - perché il prezzo era di meno» e «si è trovato ad essere, suo malgrado - è emerso dagli atti dell’inchiesta - vittima di una guerra intestina, rimettendoci la vita». Barbieri, grazie ad una rete capillare ed estremamente efficiente di venditori al dettaglio, «vendeva molta droga, un pacco a settimana, un chilogrammo a settimana di droga vendeva» che dai grossisti di Busco «la pagavano a 20 euro al grammo, un chilogrammo di cocaina 20mila euro» ha spiegato ancora Maselli. Dai suoi ricordi è spuntata anche la conferma dell’unione fra i clan Parisi e Palermiti: «Hanno unito tutto, si sono messi a società su tutto», ha messo a verbale Maselli. «Japigia canta» e inguaia i clan già colpiti al cuore dalle catture degli ultimi anni e dai blitz antimafia che hanno svuotato la cosiddetta zona 45 e quella vicina al centro, attorno a viale Japigia, e riempito le prigioni.

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