Paolo e Tina: «Nostro figlio è morto in cantiere, servono più controlli per la sicurezza»

Paolo e Tina: «Nostro figlio è morto in cantiere, servono più controlli per la sicurezza»
di Eliseo ZANZARELLI
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Mercoledì 1 Maggio 2024, 09:31 - Ultimo aggiornamento: 4 Maggio, 11:14

«È inutile girarci attorno: occorrono più controlli, quelli a campione sono insufficienti e non fungono neppure da deterrente». La seconda festa del lavoro, questa, che è tutt'altro che una festa - semmai, un'occasione di denuncia - per Paolo e Tina, genitori di Andrea Santorsola, 32enne di Oria, morto il 14 marzo 2023 a seguito di un incidente in un cantiere edile a Mesagne dov'era apprendista elettricista per un'impresa di costruzioni. Cadde da una scala e batté la testa: il trauma cranico riportato gli fu fatale. Andrea era anche particolarmente attivo nel volontariato e vice presidente dell'oratorio “Sing Don Bosco”. Proprio in oratorio conobbe la sua Sabrina.

A poco più di un anno e due mesi da quel giorno, nessuno ha dimenticato la morte di Andrea, men che meno suoi papà e mamma.

Quanto vi manca, oggi, vostro figlio?

«La domanda è pertinente - risponde singhiozzando Paolo, agente di polizia penitenziaria in pensione - ma per noi piuttosto scontata: è come se Andrea, il nostro figlio unico, non se ne fosse mai andato.

Ora sono nella sua stanzetta e tutto mi parla di lui, dalle foto al suo odore che ancora si respira sui suoi indumenti e tra le sue cose. Ricordo ancora quella sera del 13 marzo (il giorno prima dell'incidente, ndr) quando sul tardi tornò da lavoro stanchissimo e si preoccupò che noi mangiassimo, andando a prendere dei panini per poi andare in riunione all'oratorio. Era premuroso con noi e lo era anche con la sua amata Sabrina: anche quel giorno si salutarono all'alba prima di andare a lavorare ciascuno per conto suo, quei due erano il ritratto dell'amore profondo».

Cos'è per voi, oggi, il Primo maggio?

«Non viviamo questo giorno come una festa, ma come un'occasione per ricordare chi, come nostro figlio, è morto sul lavoro e di lavoro. Crediamo che in Italia tante cose non funzionino alla perfezione quando in quanto a diritti dei lavoratori e sappiamo bene come il nostro Andrea fosse un grande lavoratore: metteva l'anima in tutto ciò che faceva, dentro e fuori il lavoro. Per lui era tutto prima passione e poi dovere. Era fiero di lavorare da apprendista per quell'impresa, da cui quasi sicuramente - almeno, così ci aveva detto - aspettava di essere assunto a tempo indeterminato proprio grazie al suo impegno».

Secondo voi, si sarebbe potuto fare qualcosa di diverso per salvare Andrea?

«Su questo non posso esprimermi con certezza, anche perché a distanza di un anno e due mesi non sappiamo nulla circa gli sviluppi delle indagini. So che Andrea era assunto regolarmente e che gli venivano versati i contributi. Ci diceva di adottare i dispositivi di sicurezza quando era sul cantiere, poi è chiaro che noi quel giorno non eravamo sul posto. Io non so se, per esempio, in qualità di apprendista Andrea si sarebbe dovuto trovare su quella scala, spero si faccia chiarezza su questo e altri aspetti. Confidiamo nel lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura».

Cosa chiedete oggi, dopo ciò che vi è accaduto?

«Giustizia. Noi abbiamo il diritto di sapere se si sia trattato di un fatto accidentale o se quella morte così prematura si sarebbe potuta in qualche modo evitare».

Vi costituirete parte civile in un eventuale processo?

«Mi pare il minimo, lo dobbiamo a nostro figlio. Sia chiara una cosa: non cerchiamo soldi. Andrea non resuscita coi soldi di un eventuale risarcimento. Se dei danni ci fossero riconosciuti, useremmo quel denaro per dedicargli una cappella tutta sua nel cimitero».

Quali criticità pensate ci siano in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro?

«Servono più controlli. Vi faccio un esempio: l'assicurazione Rca per i veicoli è obbligatoria, mentre non lo è la Rco a carico dei datori per gli operai. Io la renderei obbligatoria. Sì, si può fare molto di più per limitare danni e perdite».

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