"Mangia!", dal teatro al film l'ultimo lavoro di Anna Piscopo

"Mangia!", dal teatro al film l'ultimo lavoro di Anna Piscopo
di Sarah Elena VAN PUT
4 Minuti di Lettura
sabato 29 marzo 2025, 19:23

Nelle periferie di Catania la regista Anna Piscopo raccoglie nel film “Mangia!” le frustrazioni di una comunità ai margini della società, dove la ricerca della felicità passa attraverso diete vegane e meditazioni, amori non corrisposti e il desiderio di evadere attraverso un talent show, ma soprattutto attraverso il cibo elemento concreto, materico in un mondo sospeso tra aspettative disilluse.

Il Film presentato al Bif&st, è l'adattamento dell'omonimo spettacolo teatrale della regista che fa sue le regole del collettivo Dogma95 girando interamente con la macchina a mano e con attori non professionisti raccolti dalle strade, realizzando così una commedia collettiva e neorealista.

La pellicola è l'ultima opera prodotta dallo storico produttore pugliese Galliano Juso, con il contributo del MIC, prima della sua recente scomparsa avvenuta a novembre 2024.

Come sei passata dal testo teatrale alla forma cinematografica?
«Lo spettacolo era un monologo e ho spalmato il tema centrale su una platea di personaggi rendendo il film un opera collettiva, dove il mio personaggio funge da trait d'union di storie diverse che si intrecciano. Alla sceneggiatura del film ho lavorato insieme a Galliano Juso che, vista la sua filmografia, è stato una grande guida».

Perché hai deciso di girare seguendo le regole di Dogma 95?
«Mi sono ritrovata con un budget piuttosto limitato e ho pensato a un modo per sperimentare e valorizzare il piccolo budget che avevo. Così ho scelto di aderire quanto più possibile al manifesto di Dogma95, anche perché o rinunciavo a fare il film oppure trovavo una soluzione in senso artistico».

Il tuo è un film ricco di temi come la solitudine e la marginalità, la povertà e il desiderio di felicità, la guerra e la mediocrità; perché hai scelto il cibo per collegare questi temi?
«Ho scelto il cibo per quello che rappresenta, per i suoi significati immediati e metaforici. Quando non hai da mangiare sei povero e il film parla di povertà, anche di una povertà pratica: tutti i personaggi sono in un tessuto proletario, non ci sono personaggi ricchi. Il cibo è rapporto di potere e ambizione nel senso di arraffare ed è anche soddisfazione, ma una felicità che dura poco perché quando ti abbuffi vomiti».

Spesso si usa l'idea della fame come fame sessuale o in termini sentimentali come fame d'amore. Nel film c'è un omaggio o un riferimento a “La grande abbuffata” di Marco Ferreri?
«Assolutamente sì, ma non ci sono riferimenti diretti al film; diciamo che fa parte della filmografia per la genesi di questo film e ti dirò di più: Galliano Juso ha iniziato la sua carriera come assistente alla regia di Ferreri. Quindi c'è un grosso collegamento con Ferreri e con quel film in particolare».

Quali sono state le difficoltà che hai trovato nel realizzare questo film?
«Questo è un film che ho costruito con le mie mani ed è stato molto faticoso, ci sono riuscita grazie a tutto il cast e ai tecnici. Oggi in Italia, è molto difficile per una donna fare la regista; non credo che abbiamo lo stesso spazio che hanno gli uomini, non abbiamo la stessa credibilità e finanziamenti. Io non sono una partigiana del cinema indipendente; sogno per me e per le mie colleghe più finanziamenti per sviluppare al massimo i nostri progetti perché i soldi in un'arte come quella del cinema, della televisione e del teatro, portano a diverse possibilità espressive. Non voglio diventare ricca, non me ne frega niente, a me interessa fare il mio mestiere. Spero veramente per tutte noi nel supporto e nell'interesse delle produzioni non solo perché siamo donne, ma per i nostri meriti».

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