Un’organizzazione con un call center, truffatori di anziani, “reporter” per filmare le malefatte e piani d’azione sul territorio dei Castelli Romani, di Roma e di Viterbo. La truffa all’anziano era diventata un’attività strutturata e redditizia, con base logistica a Napoli, “trasfertisti” del raggiro e modalità precise di trasporto della refurtiva. L’ammontare del “bottino” in soli due mesi? 120 mila euro in contanti oltre, a circa, 200 mila euro di oggetti di valore ormai riciclati nel mercato nero. Tutto questo è finito l’altro ieri, quando i carabinieri di Frascati, Napoli e Torino hanno arrestato e portato in carcere nove persone della provincia di Napoli su ordine del giudice di Velletri. Altre cinque, con ruoli minori, sono state denunciate.
L’ACCUSA
C’è di più.
MODUS OPERANDI
Questi “trasfertisti” della truffa non si muovevano a caso. Come hanno accertato infatti, i banditi erano divisi con ruoli ben precisi. A indirizzarli, erano gli operatori che lavoravano come una di una sorta di call center. In sostanza, si occupavano di telefonare alle potenziali vittime, fingendo che i loro cari avessero bisogno di soldi o di oggetti preziosi per liberarsi da questioni legali, da incidenti, debiti o per ritirare dei beni bloccati negli uffici postali. La trappola dunque, partiva proprio dal call center. Per gli investigatori “attori” in grado di camuffare e confondere la potenziale vittima. E se l’anziano sembrava crederci, arrivavano sul posto gli “emissari”, che si spacciavano per appartenenti alle forze dell’ordine, assicuratori, bancari, postini o amici dei nipoti delle vittime. Anche qui, nulla lasciato al caso: i complici si appostavano in luoghi vicini alle case delle vittime. «Il fattore tempo per questi raggiri è determinante» hanno infatti ribadito più volte gli investigatori.
Queste “squadre” inoltre potevano colpire nella stessa area anche una settimana, raggirando più di un anziano. Durante l’inchiesta, i militari hanno acquisito anche materiale video. Secondo quanto emerso le batterie di truffatori erano incaricati di filmare tutto col telefonino e mandare i video ai loro capi, che si volevano accertare che la refurtiva sarebbe poi arrivata destinazione. Nemmeno il trasporto della merce era lasciato al caso. Chi aveva il “bottino” doveva tornare a Napoli il prima possibile con un treno dell’alta velocità, per evitare i controlli. Gli altri invece potevano ritornare in macchina con calma. Con gli arresti, l’incubo è finito. Ma mai abbassare la guardia.