Incidente ferroviario Andria-Corato, lo striscione dei parenti delle vittime: «Uccisi due volte»

Incidente ferroviario Andria-Corato, lo striscione dei parenti delle vittime: «Uccisi due volte»
2 Minuti di Lettura
Martedì 11 Luglio 2023, 17:52

«Uccisi due volte. 12 luglio 2016 Ferrotramviaria 15 giugno 2023 giustizia italiana». È quanto si legge sullo striscione che i familiari di alcune delle 23 vittime dell'incidente ferroviario, avvenuto nel luglio di sette anni fa sulla tratta a binario unico compresa tra Andria e Corato, deporranno in serata alla vigilia del triste anniversario. Nell'incidente oltre alle vittime ci furono anche 51 feriti. Il 15 giugno scorso il tribunale di Trani ha emesso la sentenza di primo grado condannando il capostazione in servizio ad Andria, Vito Piccarreta e Nicola Lorizzo, capotreno del convoglio ET1021 partito da Andria e diretto a Corato. Assolti gli altri imputati, tra cui i vertici di Ferrotramviara, la società di trasporti ferroviaria che gestisce la tratta.

«Uccisi due volte»

«Lo striscione non fa altro che ribadire quello che pensiamo noi parenti delle vittime: sono stati uccisi una seconda volta», spiega all'ANSA Daniela Castellano figlia di Enrico morto nello scontro e componente dell'Astip (Associazione strage treni in Puglia 12 luglio 2016), che riunisce i parenti delle vittime. «I giudici non hanno tenuto conto dell'impianto accusatorio assolvendo tutta la dirigenza e riducendo tutto a un assurdo errore umano.

Se ci fosse stato un sistema di sicurezza adeguato - continua - oggi non saremmo qui a ricordare i morti ma forse qualche ferito o i treni non sarebbero partiti dalle stazioni. Qualunque cosa dica la giustizia italiana sono stati uccisi una seconda volta». «Per noi, la colpevolezza della dirigenza di Ferrotramviaria è concreta e reale al di là di quello che tre giudici in primo grado hanno deciso», aggiunge spiegando che «è impossibile mandare giù questa pillola amara». «A fare male - conclude Daniela Castellano - è anche il silenzio delle istituzioni: dalla premier Meloni al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella passando per il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Nessuno ci ha mandato un messaggio, nessuno ha abbracciato il nostro dolore. Nessuno si è ricordato di noi. Non valiamo niente».

© RIPRODUZIONE RISERVATA