Dall'amicizia con Putin allo scontro:
Trump è tutto e il contrario di tutto

Dall'amicizia con Putin allo scontro: Trump è tutto e il contrario di tutto
di Luca Marfé
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Venerdì 7 Aprile 2017, 17:20 - Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 08:37

NEW YORK - Dalla collusione alla collisione. Fino all’altro ieri accusato di essere una marionetta in mano ai russi, oggi sul ciglio di uno scontro frontale proprio con il Cremlino. Con la Siria, nei confronti della quale soltanto pochi giorni fa era stata esclusa qualsiasi forma di intervento, che si converte di colpo nell’arena di un conflitto potenzialmente catastrofico.

Un presidente altalenante, secondo alcuni irresoluto nel guidare la macchina a stelle e strisce, secondo altri fin troppo determinato nel lanciarla in una folle corsa di cui è difficile prevedere le conseguenze. Trump è tutto e il contrario di tutto, ma a queste latitudini inizia a diventare un’abitudine.

Le immagini strazianti dei bambini martoriati dal gas, in fin di vita ed oramai troppo in là per poter essere salvati, sono un pugno in pieno stomaco, ma vanno accantonate per un istante per provare a capire cosa sia successo veramente tra Mar-a-Lago, la residenza situata nello Stato della Florida presso la quale il tycoon ha incontrato per la prima volta il suo omologo cinese Xi Jinping, e le mura del Palazzo di Vetro.

Proprio in casa Onu, infatti, si stava discutendo di Siria ed in particolare delle atrocità legate all’impiego delle armi chimiche. Un tema rinnovato dalla devastante potenza mediatica dei video che hanno fatto il giro del mondo in queste ore. Un tema che, di fatto, è al centro delle discussioni di Assemblea Generale e Consiglio di Sicurezza già dal 2013,  in piena era Obama. Obama che, al tempo, non volle intervenire senza vestirsi del consenso del Congresso. Differenza epocale con Trump che ieri, spiazzando un po’ tutti, ha deciso invece di prendere in mano l’iniziativa lanciando la politica estera della sua amministrazione verso una direttrice nuova. Dal suo “America first” che ben avrebbe dovuto guardarsi dall’intromettersi in aree remote del mondo per tenere ben saldi in primo piano appunto gli interessi domestici, ad un intervento che potrebbe sì essere “una tantum”, come confermano alcune voci della diplomazia americana, ma che di fatto rischia di far saltare più di un equilibrio, in Medio Oriente e non solo.

Per quanto lo si possa considerare uno strappo, ciò che sorprende veramente sono alcuni aspetti dello stesso. Sarebbe stato sufficiente, infatti, attendere che i negoziati sulla questione siriana in corso ieri in seno al Consiglio di Sicurezza si arenassero come del resto era prevedibile tra proposte, contro-proposte e veti (quello russo su tutti) per giustificare un’azione unilaterale non più rinviabile. E invece no, Trump e i suoi hanno deciso di anticipare ulteriormente il colpo di scena, rendendolo ancor più roboante in chiave politico-mediatica.

Un dettaglio che dettaglio non è. Per quanto il presidente abbia più volte parlato pubblicamente del suo fare istintivo come del suo pregio più grande, questa volta è lecito pensare che ci sia sotto qualcos’altro.

Il primo aspetto da considerare è che Trump si stia di fatto arenando nel complicato quadro della sua politica interna. Dopo il flop della riforma sanitaria, ritirata prima ancora di essere sottoposta all’attenzione e al voto del Congresso, anche sul fronte fiscale ed attorno alla promessa di ridurre le tasse la sua amministrazione sembra muoversi in maniera piuttosto confusa ed inconcludente.

Quale migliore mossa, dunque, per distrarre le attenzioni del proprio pubblico su temi più caldi e capaci di calamitare critiche sì, ma anche frotte di consensi?

Sono in molti tra i suoi sostenitori, infatti, a gridare un «finalmente!» che sa tanto di liberazione, di tappo che salta da un politica estera incapace fino ad oggi di imporre l’immagine di quegli Stati Uniti chiamati a guidare il mondo nella ricerca del giusto.

E ancora, il discorso pronunciato in conferenza stampa, con quel «nessun figlio di Dio dovrebbe mai conoscere orrori del genere» consente a Trump di vestire i panni del paladino difensore dei Diritti Umani e, più in generale, dei più deboli. Un’occasione più che ghiotta, confermata dalle reazioni rigide ma tutto sommato di sostegno, di tutti i principali partner mondiali, ad eccezione di Iran e Russia. Russia che, comunque, era stata avvisata prima del raid missilistico e con la quale potrebbe aprirsi uno spiraglio per un negoziato complesso, ma possibile.

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