Dati choc dell’Emmanuel: dipendenza da alcol per un ragazzo su dieci

Dati choc dell’Emmanuel: dipendenza da alcol per un ragazzo su dieci
di Maddalena MONGIO'
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Sabato 4 Novembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 16:08
Il 70 per cento degli adolescenti salentini beve alcol. C’è chi lo fa sporadicamente, chi nei fine settimana, chi – purtroppo –assiduamente e si attacca alla bottiglia anche più volte al giorno. 
È il ritratto emerso ieri nel corso di un convegno su “Alcolismo e integrazione tra i servizi” organizzato dalla Comunità Emmanuel a Lecce. 
I dati sono legati a un questionario messo a punto da un gruppo di sette esperti (due in forze alla Comunità Emmanuel) della rete TIAPP nata nel 2014 da un accordo tra Asl Lecce – dipartimento Dipendenze Patologiche, enti pubblici e del privato sociale, associazioni culturali, per la prevenzione delle dipendenze patologiche della provincia di Lecce. 
Le percentuali sono da brivido. Solo il 30 per cento dei diciassettenni (il campione è di 700 ragazzi della prima e quarta classe spalmati su 14 scuole superiori) ha affermato di non aver mai bevuto alcol, il 25 per cento ha ammesso di bere una volta al mese, il 12 per cento nei weekend, il 2 per cento ogni giorno, anche più al volte al giorno. In pratica un diciassettenne su dieci è alcol dipendente. La maggior parte dei 13enni, invece, beve solo una volta al mese. Ancor più preoccupante il fatto che le ragazze siano consapevoli del fatto che l’alcol crea dipendenza, mentre i ragazzi lo sono molto meno. Dal questionario emerge che la prima sostanza dello sballo è l’alcol, al secondo posto le droghe (compresa eroina e cocaina).
 
Questa l’anteprima del rapporto tra giovanissimi e alcol che è stato passato al setaccio dai vari relatori con la premessa di un saluto-appello di padre Mario Marafioti, fondatore della Comunità Emmanuel, che in apertura ha sottolineato quanto sia importante stare vicino ai ragazzi richiamando l’importanza della famiglia. «La dipendenza – ha spiegato Giovanni Addolorato, professore di Gastroenterologia dell’Università Cattolica di Roma ed esperto di alcol dipendenza – può anche avere un’origine genetica, ma questo non deve far paura.
Se in famiglia è presente una persona che ha abusato di bevande alcoliche, non si è condannati a fare le stesse scelte. L’alcol dipendenza è legata a tre componenti: fattori genetici, ambientali e soggettivi è, cioè, legata al vissuto personale. La parte genetica è stata individuata da Marc Schuckit che ha studiato gemelli omozigoti adottati da famiglie diverse che avevano sviluppato la stessa alcol dipendenza, ma questa è una quota del fenomeno. Non vuol dire che se si ha una componente genetica di questo tipo si sviluppi la dipendenza o che se non c’è non possa svilupparsi».
Il prof, tarantino d’origine, ha spiegato quali sono le nuove frontiere della ricerca per contrastare il bisogno di bere cercando di agevolare la vita di chi ha questa dipendenza, ossia aiutandolo con i farmaci a sentire meno la fatica di smettere. 
Lo stesso principio che si mette in atto con il metadone per i drogati, insomma. «La mia ricerca è mirata all’individuazione di nuovi farmaci – ha reso noto – capaci di far raggiungere l’astinenza totale. Questa categoria di farmaci riduce in questi pazienti il desiderio di bere e, quindi, lo sforzo che fanno per raggiungere l’astinenza. Non basta un farmaco. Tutti i farmaci che vengono utilizzati devono essere associati alla terapia di supporto che nella maggior parte dei casi è quella motivazionale, secondo il modello di Prochaska e Di Clemente. Ma la terapia di supporto può essere di gruppo o individuale. Noi cerchiamo di utilizzarle entrambe. Quindi il paziente può fare terapia motivazionale o cognitivo-comportamentale o familiare. In più fa terapia di gruppo con gli Alcolisti Anonimi o nei Centri degli Alcolisti in Trattamento». Queste le “armi” che gli addetti ai lavori possono utilizzare per aiutare chi vuole venire fuori dalla dipendenza da alcol.
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