Amatrice e Accumoli: «Noi peggio di tutti. Dopo il sisma, il virus ci ha dato il colpo di grazia»

Amatrice
Amatrice
di Domenico Zurlo
4 Minuti di Lettura
Giovedì 23 Luglio 2020, 07:55 - Ultimo aggiornamento: 08:24

Quattro anni sono passati da quel tragico 24 agosto del 2016. In piena notte, alle 3.36, una scossa di magnitudo 6.0 distrusse o danneggiò decine e decine di comuni, paesi, città, frazioni: Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto finirono sulle prime pagine dei giornali con i loro palazzi crollati, le chiese devastate. Le vittime furono 299, i feriti quasi 400.
La quantità di crolli in case, palazzi, strutture private e pubbliche fu impressionante. E ad oggi la situazione non è cambiata, con la ricostruzione che procede a rilento: la percentuale di palazzi ricostruiti, secondo i sindaci sul territorio, non raggiunge nemmeno il 10%. Dopo le prime pagine, gli aiuti e la solidarietà iniziale l’Italia si è dimenticata di loro. Li ha abbandonati.
E come se non bastasse è arrivata anche in queste zone la pandemia e il lockdown che hanno dato un altro terribile colpo. Il decreto sisma, approvato lo scorso dicembre, è stata una breve e insufficiente boccata d’ossigeno. Ma è solo una goccia, nell’enorme oceano del fin troppo graduale ritorno alla normalità: «Siamo stati in silenzio durante il lockdown per rispetto di tutti quegli italiani che ci sono stati vicini durante l’emergenza, anche al Nord - sottolinea il vicesindaco di Arquata, Michele Franchi - Ora però chiediamo al Governo di fare in fretta perché rischiamo lo spopolamento».

Leggi anche > Sisma di Amatrice, l'inferno di Elvira: «In quarantena senza più una casa»

Chi viveva qui ora alloggia nelle SAE (soluzioni abitative di emergenza), ma molti hanno cambiato comune trasferendosi altrove: i paesi si svuotano, le famiglie vanno altrove con i loro bambini, si sradica il futuro di interi territori. Ad Accumoli, racconta la sindaca Franca D’Angeli, «avevamo ricostruito una scuola molto bella, ma non possiamo utilizzarla perché non ci sono gli alunni. Quando ci si iscrive in altri istituti, soprattutto per i bambini, difficilmente si torna indietro».
Sulle norme, nonostante il decreto sisma, si litiga ancora: un emendamento al decreto Rilancio del candidato del centrodestra Acquaroli (Fdi) che doveva cancellare la “conformità urbanistica” e lasciare solo il principio di “consistenza edilizia” (definito dal centrodestra “la vera svolta per sbloccare la ricostruzione”) è stato bocciato dalla maggioranza, mentre il nuovo commissario Giovanni Legnini, nominato a febbraio scorso, sta cercando di trovare una quadra per far sì che la ricostruzione finalmente parta.
I nodi sono parecchi: la scadenza del rimborso della Tari, che permetteva ai residenti di non pagare la tassa sui rifiuti (“Se non risolvono la questione restituisco la fascia”, minaccia il sindaco di Amatrice). Lo staff di tecnici e amministrativi precari, che spesso lasciano il ruolo «perché vincono concorsi, e per sostituirli serve ri-formare altre persone da capo». E infine il tessuto sociale, più difficile da ricostruire dei palazzi stessi: «Ci si avvia alla fase della rassegnazione, ed è terribile», spiega commossa la sindaca di Accumoli. «Ci sono anziani che sanno già che la loro casa non la rivedranno mai».

ELVIRA: "LA MIA QUARANTENA SENZA UNA CASA"

Quella drammatica notte le ha cambiato la vita, e quattro anni dopo l’incubo non è ancora finito. Elvira Spagnoli, 55 anni, non dimenticherà mai quella notte di agosto del 2016: un rumore impressionante, «come se avessero scaricato un camion di sassi sopra la mia casa», quelle immagini terribili, il cinema in macerie, l’abitazione a fianco che «crollò addosso alla mia».
«Quel giorno è iniziato il mio inferno», racconta Elvira. Nei due mesi di lockdown, con gli italiani costretti a rimanere tra le mura di casa (chi con diligenza, chi controvoglia), le lamentele erano all’ordine del giorno: imparagonabile al disagio quotidiano di chi la propria casa l’ha persa e vive in una delle SAE, le casette di emergenza che dovevano essere provvisorie e invece non lo sono state affatto.
«Dopo il terremoto ci trasferirono in una tenda, poi un signore ci prestò un camper - racconta ancora Elvira - Dormivamo con tre piumoni, il freddo era insopportabile. Quando la Caritas mi mostrò il container, per me era come una reggia». «Abitavo nel centro di Amatrice, ora la mia casa non esiste più. Lavoravo in ospedale, mi occupavo dei pasti dei pazienti: nemmeno l’ospedale esiste più. È crollato e non è stato ancora ricostruito», continua. 
Quello che manca, a queste persone, è la speranza: adulti e anziani non sanno se potranno mai rivedere la loro abitazione. «Ho 55 anni, tra 15 anni ne avrò 70 e non avrò la forza né i soldi per avere un’altra casa.

Le istituzioni ci hanno abbandonato, non abbiamo mai avuto neanche una telefonata: le bollette però continuiamo a pagarle». Restiamo a casa, era il mantra di tutti durante la quarantena: ma non tutti hanno la fortuna di averne ancora una.

© RIPRODUZIONE RISERVATA