Gaetano, gambe amputate dopo la sparatoria: «Gli amici mi hanno abbandonato ma sogno di poter tornare a correre»

Gaetano, gambe amputate dopo la sparatoria: «Gli amici mi hanno abbandonato ma sogno di poter tornare a correre»
Gaetano, gambe amputate dopo la sparatoria: «Gli amici mi hanno abbandonato ma sogno di poter tornare a correre»
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Martedì 8 Dicembre 2020, 16:34 - Ultimo aggiornamento: 18:33

«Gli amici mi hanno abbandonato, ma ho il supporto e l'amore della mia famiglia. Sogno di poter tornare a camminare e, perché no, a correre». Parla così Gaetano Barbuto, 21enne di Sant'Antimo (Napoli) che il 20 settembre scorso era stato gambizzato dopo una banale lite per motivi di viabilità. Il giovane ha passato più di due mesi in ospedale, durante i quali ha subito ben quattro interventi chirurgici, tra cui quello per l'amputazione di entrambe le gambe.

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Gaetano, dopo il lungo calvario, si trova ancora in ospedale e dovrà essere ricoverato di nuovo a Natale, per essere monitorato su un'infezione che lo ha colpito al femore. Intanto, però, ha raccontato il dolore provato, le difficoltà attuali e le speranze future: la sua storia è di quelle che fanno male, malissimo, ed è anche per questo che le interviste, in questi giorni, si siano moltiplicate. A 'La Radiazza', programma radiofonico condotto da Gianni Simioli, Gaetano Barbuto ha spiegato: «Consideravo i miei amici come fratelli, ma mi hanno abbandonato.

Ho fiducia nella giustizia, anche se i tre presunti aggressori, che avevo identiticato, sono stati scagionati e liberati. Ho avuto due fortune: il sostegno della famiglia e il lavoro dei medici degli ospedali campani, che mi hanno salvato. Penso sempre a Simone, il ragazzo ucciso a Casalnuovo, che non ha avuto la mia stessa fortuna. Sono stati tre mesi davvero difficili, ora vorrei andare a Bologna per mettere le protesi alle gambe e tornare a vivere e a camminare».

A Il Mattino, invece, Gaetano Barbuto spiega: «L'infezione non è andata completamente via, quel che resta della gamba è attaccato ad una macchina che pompa ossigeno per uccidere questo virus, sono un mezzo androide e spero di esserlo per intero con le protesi. I dottori e gli infermieri del Cardarelli, come la mia famiglia, sono stati fantastici. Gli amici sono spariti e anche la mia città, Sant'Antimo, mi ha voltato le spalle: non sanno cosa sia la solidarietà, mentre l'omertà ti viene insegnata già da bambino. Non sono più lo stesso Gaetano di quella sera, sono cambiato, sono una persona nuova. In questa disperazione ho riscoperto l'amore della mia famiglia: i miei genitori, pur essendo separati, sono stati dei giganti. Si sono caricati sulle spalle un peso e io, forse, non sopporterei».

«Il vero porto sicuro è la famiglia: lo dico ai miei coetanei che vivono in posti dove puoi morire per una sciocchezza, come è capitato a Simone. Viviamo in una società dove io che ho rischiato di morire e sono senza gambe mi devo pure sentire una persona fortunata. Di quella sera ho due brutti ricordi in particolare: il primo è il mio migliore amico che era rimasto immobile, mentre venivo massacrato» - racconta ancora Gaetano Barbuto - «Io trascorrerò il Natale in ospedale, i miei aggressori al sicuro in famiglia. Non voglio vendetta, ma giustizia, e non posso accettare che in Italia ci siano leggi che permettono a chi compie certe cose di essere comunque libero. La mia famiglia, per questo, ha lanciato un appello al presidente Sergio Mattarella».

Sul futuro, Gaetano ha le idee chiare: «Vorrei imparare prima a camminare e poi a correre con le protesi, sarebbe importante per tornare alla normalità. Poi voglio aiutare a crescere il mio fratellino di sette anni, voglio per lui un futuro migliore. E poi un viaggio, non ho ancora deciso se da solo o con tutta la famiglia. E, non per ultimo, voglio impegnarmi affinché non si ripeta quello che è accaduto a me e mostrare con orgoglio le mie cicatrici, che valgono più di mille parole».

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