di Cecilia Lavatore
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Sabato 1 Luglio 2023, 00:27

«È una tragedia figlia del disagio», così definisce l’omicidio di Michelle Maria Causo un vicino di casa della giovane studentessa assassinata a Primavalle, il quartiere romano oggi stravolto dalla violenza di un crimine efferato che riporta l’attenzione sulle ferite aperte di una generazione smarrita che perde sangue da tutte le parti.


Il disagio giovanile di cui questo straziante fatto di cronaca ci parla travalica di molto i confini della periferia urbana e si estende a una società, la nostra, molto confusa su quali siano effettivamente i modelli e i valori da condividere ancora, e non solo online. Da una parte la vittima, una ragazza che aveva fatto amicizia con la persona sbagliata, dall’altra il presunto assassino: classe 2008, aspirante trapper, un nuovo singolo in uscita su Spotify, droga consumata e venduta dalle vetrine dei suoi social, fama e denaro come imperativi categorici, un nutrito parterre di contatti da intrattenere, e poi ancora l’orgoglio criminale, la sua “gang”, le donne da stupire, da impressionare, da amare troppo e troppo odiare. Questo era il suo profilo (social). «Non proprio un delinquente, piuttosto un megalomane», dicono i ragazzi della zona. Un megalomane però da tredicimila follower, praticamente la media di abitanti di una cittadina italiana, fino a l’altro ieri abbastanza interessati ai contenuti inquietanti che il ragazzo pubblicava. La scuola non faceva per lui, aveva raccontato alla madre della vittima, proprio qualche giorno prima del delitto: una storia di abbandono scolastico trasformatosi in devianza e in violenza alimentata a piccole dosi, quotidianamente, e poi esplosa in un pomeriggio d’estate, agghiacciante, come il maldestro e macabro tentativo di occultare il cadavere. 


Ma la devianza assordante di questo drammatico epilogo è un altro clamoroso grido da ascoltare ed è qualcosa di familiare per chi vive a stretto contatto con gli adolescenti.

Così tanti ragazzi nella solitudine dei loro cellulari, lontani dalle istituzioni scolastiche e soprattutto dalla cultura che esse veicolano, inseguono un successo e una realizzazione effimeri e illusori, rifuggendo dal confronto reale. Credono di poter conquistare l’approvazione degli altri a colpi di post (spesso addirittura acquistando il traffico di utenze sui propri profili) e sono certi che non ci sia bisogno di fatica, di ricerca, di cadute per raggiungere i loro obiettivi, tra l’altro spesso così incomprensibili per chi li dovrebbe aiutare a crescere.


Queste tendenze e convinzioni sono incoraggiate da un tessuto sociale, mediatico ed educativo dalle maglie troppo larghe che indulgendo sulla gravità delle parole e delle immagini avalla comportamenti illegali e intrisi di violenza, lasciando che messaggi così degradanti si diffondano nel web in nome dell’inviolabile legge degli introiti pubblicitari che gravitano, parassitari, su passatempi fuorvianti a monte. Non sono solo immagini e parole, i falsi miti che inseguono i nostri ragazzi, sono pericoli, al pari delle droghe, se non più subdoli. Siamo ben lontani dalle passate contestazioni di generazioni raggruppate in sotto culture le quali si ponevano in modi, più o meno condivisibili e violenti, in posizioni contrarie rispetto alla cultura convenzionale. Quella della spazzatura endemica e decadente nei telefoni dei nostri ragazzi è, almeno per loro, la cultura convenzionale, è il loro mainstream, ed è tutto sbagliato.


Uno dei murales più noti di Primavalle è quello di una Wonder Woman incinta che accarezza il suo pancione. Mi ha sempre colpito per la tenerezza, una tenerezza che testimonia l’amore inesauribile e inarrendevole per un mondo femminile che merita, ancora una volta, più rispetto.
 

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