Pensioni, prestito “gratuito” per assegni fino a 1.500 euro

Pier Carlo Padoan
Pier Carlo Padoan
di Luca Cifoni
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Mercoledì 7 Settembre 2016, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 8 Settembre, 08:43

Anticipo pensionistico e quattordicesima allargata per i trattamenti bassi. Il presidente del Consiglio ha ribadito ieri quali sono le due direttrici principali del pacchetto sociale a cui lavora il governo in vista della legge di bilancio. Anche se le misure sono in realtà più articolate (e la sintesi finale sarà fatta alla luce delle risorse finanziarie disponibili) l’idea di fondo è da una parte dare una mano a chi non ha ancora maturato il diritto alla pensione, soprattutto se si trova in difficoltà, dall’altra migliorare il reddito di una quota di popolazione anziana.

Il prestito, noto con la sigla Ape, è forse il provvedimento che ha attirato maggiormente l’attenzione, ma in queste ultime settimane si sta sempre di più caratterizzando come una forma di sostegno a disoccupati e lavoratori in stato di bisogno, più che come uno strumento generale di flessibilità. Siccome la somma provvisoria percepita dal lavoratore nel periodo intermedio dovrà essere restituita con detrazione sulla pensione futura, il nodo più delicato è l’individuazione della platea alla quale lo Stato azzererà sostanzialmente il prelievo, attraverso corrispondenti detrazioni fiscali.
 
I dettagli potrebbero ancora subire dei ritocchi, ma il criterio individuato prevede un incrocio tra requisiti soggettivi e reddituali. Dunque la gratuità (o quasi) del prestito scatterà per disoccupati di lungo periodo (che abbiano esaurito gli ammortizzatori sociali), addetti ad attività usuranti, precoci e disabili (o con un parente disabile da assistere), purché la pensione a cui hanno diritto, certificata dall’Inps, non superi i 1.500 euro lordi. Al di fuori di questi casi l’onere della rata da restituire e della polizza assicurativa sarà invece a carico dell’interessato, salvo eventuali interventi delle imprese nell’ambito di accordi per l’esodo.

LA SOGLIA
Quanto alle pensioni basse già in essere, Renzi ha ribadito che il canale di intervento sarà la cosiddetta “quattordicesima”, la somma aggiuntiva introdotta dal governo Prodi che oggi è riconosciuta a 2,2 milioni di persone, con una soglia misurata dal reddito complessivo. Se oggi la percepiscono - nel mese di luglio - coloro che hanno un reddito non superiore a 1,5 volte il trattamento minimo, 750 euro al mese, circa, dal 2017 la soglia dovrebbe salire a 1.000. Ma non è escluso un innalzamento anche dell’importo, che oggi va dai 336 ai 504 euro a seconda della carriera contributiva e potrebbe essere maggiorato del 25 per cento.

Naturalmente l’intero pacchetto dovrà confluire nella legge di bilancio con i suoi vincoli finanziari. Il premier ieri ha ricordato che per quest’anno il rapporto tra deficit e Pil si fermerà al 2,3-2,4 per cento, senza specificare l’obiettivo per il 2017 che sulla carta è fissato all’1,8 ma probabilmente è destinato a crescere. Nella legge di bilancio ci saranno altre misure che assorbiranno risorse, come il potenziamento della detassazione del salario di produttività, il taglio delle aliquote contributive per circa 500 mila partite Iva ed eventuali nuovi stanziamenti per i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici. In questo ambito si collocano le risorse per la previdenza, che secondo i sindacati non possono scendere sotto i due miliardi. «Servono almeno due miliardi di soldi freschi - argomenta Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera e già ministro del Lavoro proprio con il secondo governo Prodi - più i fondi che sono già in bilancio per la cosiddetta opzione donna e per la salvaguardia degli esodati». Per Damiano «è prioritario risolvere una questione sociale che influenza milioni di persone e quindi di elettori, anche in vista del referendum». 

IL CONFRONTO
Sul tavolo del confronto coordinato dal sottosegretario Tommaso Nannicini, che riprenderà sul tema della previdenza la prossima settimana, ci sono anche altri possibili correttivi alle norme, sempre a favore di categorie come i lavoratori precoci e quelli che svolgono mansioni usuranti. Per i primi è allo studio un abbuono contributivo di almeno 2-3 per ogni anno lavorato prima dei 18, ma la scelta ancora da fare è tra un beneficio uguale tutti o più incisivo a favore di chi ha iniziato prestissimo. Per i lavori usuranti si ragiona su un allargamento della platea (in prima fila macchinisti ed edili) mentre l’accesso alla pensione sarebbe ulteriormente avvicinato dalla cancellazione delle attuali “finestre” (periodi di attesa di un anno) e dallo stop al meccanismo di adeguamento alla speranza di vita.

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