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La ricarica delle auto a batteria è uno dei nodi fondamentali per la diffusione della mobilità elettrica e, accanto alle stazioni ad alta potenza dotate di spine, si stanno facendo strada anche altre modalità come il battery swap.
Significa “scambio della batteria” e consiste nel lasciare la batteria scarica e prenderne un’altra carica all’interno di una apposita stazione automatizzata. Il tutto in qualche minuto, dunque in un tempo ampiamente inferiore a quello che comporta una ricarica anche alla più potente e veloce colonnina di ricarica. Parliamo dunque di una tecnologia concorrente o complementare alla spina? «Noi vediamo il battery swap come un aiuto a riempire la torta», ha dichiarato Ricardo Stamatti, senior vice president charging and energy business unit di Stellantis alla firma dell’accordo con la start-up Ample che prevede l’approntamento di una flotta di 500e a batteria scambiabile, con relativa infrastruttura, all’interno del servizio di carsharing Free2Move a Madrid.
SI PARTE DA SAN FRANCISCO
La capitale spagnola è l’unica città dove Ample è presente oltre a San Francisco dove ha già attive 13 stazioni di “swap” e sta già portando avanti un’attività di sperimentazione con camion Mitsubishi Fuso. È proprio la flessibilità dimensionale il vantaggio che la società californiana promette poiché la batteria non è sostituita in blocco, ma a moduli. Ample ha già attirato l’attenzione di investitori del settore petrolifero (Eneos, Repsol, Shell e PTT), servizi (Uber) e finanziario (Blackstone e Momentum Venture Capital) raccogliendo 210 milioni di dollari ai quali vanno aggiunti i denari di Stellantis. Ample ha così potuto sviluppare la sua stazione di scambio di seconda generazione dove lo “swap” della batteria avviene in circa 5 minuti. Tempi simili e grandi firme dell’automobile sono i protagonisti di un altro accordo recente sul battery swap, quello tra Geely e NIO destinato ad avere un grande impatto.
NIO infatti è il costruttore che vi ha investito più di tutti, ha più competenze (oltre 1.200 brevetti) ed è già alla terza generazione delle sue stazioni di scambio: ora hanno maggiore capacità (21 pacchi batteria invece di 13) e sono più veloci (4’40”, un minuto in meno di prima), ma costano sicuramente più dei 400mila euro attuali e dunque hanno un punto di pareggio superiore a quello attuale dei 60 scambi al giorno.
RADICI FRANCESI
Tale convergenza, insieme alla posizione di forza già acquisita nelle batterie, potrebbe aumentare il vantaggio strategico della Cina permettendole di costruire uno standard al quale poi tutti gli altri dovrebbero adeguarsi. In realtà il battery swap c’è sempre stato per mezzi da lavoro e non è una primogenitura francese e neppure cinese. La Hartford Electric Company, con sede nell’omonima città del Connecticut, l’aveva infatti ideato nel 1896 e ne aveva già compreso alla perfezione il punto di forza: il cliente pagava solo il veicolo e non la parte più costosa, ovvero la batteria, che veniva invece fornita pagando un canone che conteneva una quota fissa ed una legata alla percorrenza.
Oggi chiameremmo tale formuala BaaS (Battery as a Service), Bosch ne sta studiando la fattibilità e così lo offre NIO: l’automobile è acquistata priva della sua componente più costosa, ovvero la batteria, che fa parte di un servizio pagabile con un canone e dove sono compresi lo scambio e l’aggiornamento graduale con accumulatori destinati ad avere una capacità sempre maggiore. Il controllo della distribuzione delle batterie permette inoltre di tenerne sotto controllo lo stato manutentivo in tempo reale, di intervenire prima che ci siano un guasto e un disservizio e anche di raccogliere dati di utilizzo preziosissimi per individuare criticità e potenzialità di una tecnologia che è tutta da esplorare.
Il battery swap inoltre favorisce le economie di scala e permette di recuperare le batterie alla fine del loro ciclo di vita, con tutte le materie prime contenute, spingendo l’economia circolare e riducendo drasticamente l’utilizzo di risorse. Infine le stazioni di scambio, con le loro batterie ferme, possono fungere da riserva di energia per la rete. Ci sono però i contro. Batterie standard riducono la sana competizione tra le aziende, sono l’opposto di quanto stanno facendo i costruttori, ovvero integrare al massimo gli accumulatori all’interno del veicolo, e un sistema di distribuzione di battery swap comporta investimenti imponenti.
Dunque, ricarica o scambio? Probabilmente tutte e due con una segmentazione tra tipi di utilizzo. Più facile che taxi, NCC, car sharing (come gli XEV Yoyo di Enjoy), mezzi commerciali, bus e mezzi leggeri destinati all’ambito urbano trovino nel battery swap la soluzione migliore. Le automobili destinate invece a un raggio di utilizzo più ampio continueranno a preferire la batteria fissa e la ricarica alla spina. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia