Auto elettrica, l'idea di Renault: il nichel ottenuto grazie a un processo di elementi biologici

Auto elettrica, l'idea di Renault: il nichel ottenuto grazie a un processo di elementi biologici
L'imperativo della mobilità del futuro è elettrificare sì, ma farlo nel modo giusto e sostenibile. Ascolta: Il cinema digitale: vedere un film...

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L'imperativo della mobilità del futuro è elettrificare sì, ma farlo nel modo giusto e sostenibile.

Dunque utilizzando materiali che sono accessibili, “etici”, riciclati e/o riciclabili, trasportati e/o trasportabili nel modo più pulito possibile e infine tracciabili in modo da controllare ogni segmento della catena di approvvigionamento per arrivare all’impronta nulla di CO2. Nel caso delle batterie, i materiali critici sono il litio, il cobalto e il nichel, anche loro vittime della speculazione che si sta abbattendo sulle materie. Per questo occorre diversificare le fonti di fornitura e spingere verso materiali virtuosi. Per il cobalto il piano dei costruttori e ridurne la percentuale attuale (intorno al 10-15%) fino ad annullarla. Per il litio l’alternativa all’estrazione mineraria in Africa e Australia (controllata in gran parte da società cinesi) e dai sali sugli altopiani delle Ande è quella da salamoia geotermica. La prima casa a puntarvi per l’Europa è stata Renault, intenzionata a sfruttare i soffioni boraciferi nella Valle del Reno per un processo localizzato e con un impatto ambientale reso minimo sia dalla vicinanza delle fabbriche di batterie sia per i processi che utilizzano la stessa energia geotermica.

LO SPRINT

Stessa strada è intenzionata a seguire negli Usa General Motors all’interno del progetto Hell’s Kitchen in California. Stellantis, come da sua natura, ha messo un piede su ciascuno dei continenti seguendo entrambi le iniziative. Quelli di Renault si preparano tuttavia a fare un altro passo in avanti rispetto alla concorrenza con il nickel che, in forma di solfato pronto per la produzione delle celle per le batterie, sarà ricavato attraverso i batteri. Il gruppo francese ha già stipulato un accordo con la finlandese Terrafame, il più grande produttore di nickel in Europa, che ha messo a punto un processo di biometallurgia definito biolisciviazione il quale avviene grazie ad elementi biologici, dunque senza alcuna emissione tossica né tantomeno climalterante riducendo del 90% il consumo di energia e del 60% l’impronta di CO2 rispetto ai processi tradizionali.

Il metodo ideato da Terrafame prevede che il materiale grezzo estratto sia frantumato in pezzettini da circa 8 mm di diametro, ammucchiato in vasche che misurano 1.200x400x8 metri e fatto passare a ciclo continuo in una soluzione nella quale è presente il Tiobacillus Ferrooxidans, un batterio aerobico che, come dice il nome, una volta esposto all’aria svolge un’azione ossidante permettendo la formazione di composti dello zolfo e del ferro in modo biologico, senza l’aggiunta di reagenti altamente inquinanti come il cianuro. L’intesa prevede che nell’impianto di Sotkamo, in Finlandia, venga prodotto, a regime, il solfato di nichel necessario a produrre batterie per un totale di 15 MWh all’anno, abbastanza per 300mila auto elettriche. Anche gli altri materiali critici come il Cobalto e il Rame sono potenzialmente ricavabili attraverso le biotecnologie.

STRADA DA ESPLORARE

La ricerca di base già c’è e risale addirittura al 2004 quando l’UE finanziò lo studio Biomine (Biotechnology for Metal bearing materials in Europe) coordinato dal Bureau de Rechearches Geologiques et Minieres (BRGM, l’ente minerario francese). Dopo 4 anni di ricerche la conclusione fu che «è possibile utilizzare la biotecnologia per ampliare il potenziale della produzione dei metalli entro i confini europei, con la possibilità che i processi non vadano incontro ad una grave minaccia ambientale». Dunque la strada è aperta e vale la pena esplorarla.

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Quotidiano Di Puglia