«L'operaio dell'Ilva morì, ma non fu colpa dell'amianto»: prosciolti in 7

«L'operaio dell'Ilva morì, ma non fu colpa dell'amianto»: prosciolti in 7
Tutti prosciolti gli imputati coinvolti nel procedimento aperto dalla procura della Repubblica sul decesso di un operaio dell’Ilva, che aveva svolto attività...

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Tutti prosciolti gli imputati coinvolti nel procedimento aperto dalla procura della Repubblica sul decesso di un operaio dell’Ilva, che aveva svolto attività lavorativa presso il reparto del Tubificio longitudinale prima e poi nell’area laminazione con attività di controllo di qualità dei treni nastri (dal 1969 alla fine del gennaio 1996).

Alla base del proscioglimento dei sette imputati, la tesi difensiva secondo cui nessuno dei coinvolti aveva avuto a che fare, dal punto di vista professionale con quel decesso, dal momento che il certificato che aveva sancito la morte del lavoratore “certificava” appunto motivazioni diverse da quelle legate all’esposizione all’amianto, che pure rientrava nell’imputazione formulata dall’accusa pubblica.
Nel caso specifico, il procedimento era stato aperto per il decesso del lavoratore Angelo De Biasi, morto a sessantatrè anni nel 2008.
 
Secondo l’ipotesi formulata dall’accusa pubblica, i vari direttori che si erano succeduti alla guida dello stabilimento siderurgico Ilva avrebbero omesso di informare e istruire il lavoratore sui rischi derivanti dall’esposizione all’amianto, presente nell’ambiente di lavoro.
Peraltro, attraverso questa condotta avrebbero anche omesso di informarlo circa la necessità di essere dotato nell’esercizio delle sue funzioni, dei dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie e di fornirgli gli appositi dispositivi.
Nel procedimento era coinvolto anche un medico, accusato di aver omesso di pretendere, in favore del lavoratore, l’osservanza degli obblighi previsti dalle disposizioni normative che regolano i criteri di sicurezza sui posti di lavoro.

Il proscioglimento degli imputati è scattato perchè il collegio di difesa degli imputati (composto fra gli altri dagli avvocati Egidio Albanese, Anthea Mallito, Fabrizio Lemme, Andrea Palazzi e Andrea Uga) ha appunto dimostrato che il presunto decesso per adenomacarcinoma pomonare sinistro sarebbe stato smentito dalla diagnosi ufficiale del decesso provocato da altra patologia.
Sott’accusa, nel procedimento definito ieri dal gup dottor Pompeo Carriere, figuravano GiovanBattista Spallanzani, Sergio Noce, Attilio Angelini, Francesco Chindemi, Nicola Muni ed Ettore Mario Salvatore, in qualità di direttori di stabilimento in carica sino al 1996, e il dottor Giancarlo Negri, medico competente in servizio sino al 1995.


I primi cinque imputati sono stati prosciolti “perchè il fatto non sussiste”, mentre gli ultimi due per “non aver commesso il fatto”. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia