Torna in aula, al cospetto del gup Anna de Simone, il primo filone dello scandalo Maricommi. Sott’accusa figurano nove ufficiali superiori, un sottufficiale e un dipendente...
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I militari, infatti, sono accusati di aver preteso e intascato dagli imprenditori il 10% del valore delle commesse gestite da Maricommi. Per gli appaltatori un obolo obbligatorio per continuare a lavorare per conto della Marina a Taranto o anche soltanto per vedere saldate con puntualità le fatture. Un sistema illuminato a suon di manette, intercettazioni, denunce e confessioni che hanno travolto una parte, piccola per fortuna, del Corpo.
Nel procedimento, il ministero della Difesa ha già chiesto il conto dei danni morali, quantificati in un milione di euro.
Lo scandalo Maricommi deflagrò nel marzo di tre anni fa quando i carabinieri fecero irruzione nell’ufficio del capitano di fregata Roberto La Gioia, comandante del quinto reparto di Maricommi.
Tra i file vennero individuate le prove di come gli ufficiali di Maricommi si spartivano quel 10% in denaro frusciante, estorto agli appaltatori della Marina.
Così, con il tempo, La Gioia aveva fatto le prime ammissioni e in carcere e ai domiciliari lo avevano raggiunto altri ufficiali.
Oltre che per La Gioia il processo è stato chiesto per i capitani di fregata Giovanni Cusmano, Riccardo Di Donna, Marco Boccadamo, Giuseppe Coroneo, Giovanni Caso e Alessandro Dore, e i capitani di vascello Fabrizio Germani, l’unico a non aver conosciuto l’onta dell’arresto, e Attilio Vecchi. Con loro anche il maresciallo Antonio Summa e il dipendente civile Leandro De Benedictis.
Nella giornata odierna saranno ufficializzate varie richieste di giudizio abbreviato, con cui i protagonisti di questo scandalo intendono beneficiare di uno sconto sulla pena in caso di eventuale condanna.
È invece fissata a giugno, come è noto, l’udienza legata al procedimento nato dalla costola del primo scandalo “Tagenti&Stellette”.
Si tratta del procedimento sfociato nell’arresto del capitano di vascello Giovanni Di Guardo. L’uomo spedito a Taranto per mettere ordine dopo le prime manette. Ma che era finito in carcere con l’accusa di essere l’epicentro di un altro valzer di mazzette. Un valzer che le indagini dirette dal dottor Carbone hanno stabilito essere stato più ampio e inquietante. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia