La dichiarazione di guerra è stata ribadita anche nelle ultimissime ore. E suona più o meno così: «Farò la guerra ai negozi di cannabis light:...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Al di là dei toni su cui si può discutere all'infinito, il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha lanciato una vera e propria campagna contro quello che, qualche mese fa, era considerato un nuovo comparto su cui investire. Un settore economico disciplinato a livello giuridico che, come spesso accade in Italia, fornisce però poca chiarezza. La normativa italiana si fonda sulla legge numero 242 approvata nel dicembre 2016 entrata in vigore a gennaio del 2017 e consente la produzione e commercializzazione della cosiddetta cannabis light. Il margine di tolleranza esiste perché qualora la percentuale di Thc sia superiore allo 0,2% ma rientri comunque nel limite dello 0,6% l'agricoltore della cannabis depotenziata viene sollevato da ogni tipo di responsabilità. Invece, oltre lo 0,6% le autorità giudiziarie procedono al sequestro e alla distruzione della canapa.
La canapa legale può essere coltivata e commercializzata per gli alimenti, i cosmetici, alcuni tipi di lavorati industriali o per la bio edilizia. Fatte queste doverose premesse, come incide la dura presa di posizione del ministro Salvini? E che conseguenze hanno già avuto alcuni sequestri - Taranto è stata una delle piazze principali negli scorsi mesi - per chi ha deciso di investire nel settore?
«Con alcuni soci abbiamo investito qualche mese fa in un'azienda che aveva già avviato la produzione e voleva espandersi - spiega Francesco Chisena, imprenditore grottagliese - abbiamo apportato un capitale di circa 350mila euro grazie al crowdfunding e creato l'azienda Dottor Green. Le nostre coltivazioni sono in Piemonte, produciamo circa 70 chili al mese e lavoriamo la canapa. Lì c'è una filiera difesa da Assocanapa, non abbiamo mai avuto sequestri diretti perché ci atteniamo scrupolosamente ai limiti normativi ma i problemi che ci sono stati in tutta Italia ovviamente hanno avuto conseguenze anche per noi. Ormai sembra più una rivalsa elettorale e le dichiarazioni degli ultimi giorni servono solo per i voti: a noi una disciplina più seria sarebbe anche utile perché vogliamo lavorare trasparentemente».
Pur non avendo punti vendita diretti, il calo negli ultimi mesi in Italia è stato di circa l'80%. È un cane che si morde la coda: i proprietari dei negozi sequestrati vanno in oggettiva difficoltà, la burocrazia è lentissima a dipanare certe situazioni e la domanda sul mercato cala inevitabilmente.
«Tra l'altro non si possono neanche pubblicizzare questi prodotti - spiega ancora Chisena - c'è un vuoto normativo e le interpretazioni dei vari tribunali spesso differiscono. Noi, per esempio, in Inghilterra, Germania e Austria vendiamo tranquillamente soprattutto oli. Lì non abbiamo subito cali. Da quando ci sono stati i primi problemi in Italia, precauzionalmente ci siamo attenuti a produrre allo 0,2% ma le varie vicissitudini hanno impattato».
Anche perché si tratta di prodotti organici tendenti al deterioramento e qualche settimana di stop in più determina l'inutilizzo e la perdita di capitale. Altro esempio: a Taranto, da dicembre 2017, è chiuso lo store della catena Skunkatania in via Nitti. «Abbiamo negozi tra Sicilia e Calabria e a Taranto eravamo aperti da tre anni - racconta Luca Messina - nel 2017 c'è stato questo sequestro e ancora non possiamo accedere alla struttura. Sarò costretto ad assumere un avvocato del luogo ma al 99% quel punto vendita non aprirà più».
E da una settimana ha chiuso anche il distributore Light Weed in viale Europa. Insomma, burocrazia e poca chiarezza in realtà hanno dispiegato i loro effetti già da tempo: in questo periodo elettorale, però, le dichiarazioni di Salvini fanno ancora più rumore. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia