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La sezione tarantina di Ance, ossia l’associazione dei costruttori edili, boccia l’ordinanza “anti-caldo” del sindaco Rinaldo Melucci. Lo fa esprimendo perplessità su diversi punti - dal profilo giuridico a quello prettamente organizzativo - in una lettera diretta al primo cittadino in cui muove diversi rilievi critici.
Un passo indietro, innanzitutto. L’ordinanza sindacale è arrivata venerdì scorso e dispone il divieto immediato di espletare attività lavorativa in condizioni di esposizione prolungata al sole sull’intero territorio comunale «nelle aree o zone interessate dallo svolgimento del lavoro all’aperto», nei momenti in cui la mappa del rischio indicata sul sito internet worklimate segnali a mezzogiorno un livello di rischio “alto”.
La lettera
Nella missiva firmata dal presidente di Ance Taranto, Fabio De Bartolomeo, si parte da una premessa: in queste giornate di afa, diversi erano stati gli incontri anche con i sindacati per affrontare la situazione. Insomma, il problema è noto e reale ma l’associazione è in disaccordo sul metodo. «Ci misuriamo ora con il provvedimento da lei adottato che nella sua genericità e non chiara formulazione testuale interviene autoritativamente a disporre il divieto di svolgimento di tutte le attività lavorative all’aperto» dice Ance evidenziando poi come nella realtà le sole ordinanze di tal genere emanate riguardano unicamente il settore dell’agricoltura e del lavoro nei campi, con la eccezione della regione Calabria che ha aggiunto una ulteriore misura, sempre specifica e settoriale, riguardante i cantieri edili.
«Un generale divieto - prosegue De Bartolomeo - troverebbe applicazione oltre che nei cantieri, negli altri settori (marittimo e portuale, balneare, logistica e servizi) oltre che nei grandi siti produttivi presenti sul territorio nei quali si svolgono numerose lavorazioni all’aperto, con le conseguenze facilmente prevedibili e immediatamente riscontrate con le imprese».
C’è poi un altro aspetto che i costruttori fanno presente: il provvedimento «si basa su previsioni che, secondo la dichiarazione contenuta sullo stesso portale, sono da ritenersi “sperimentali e automatiche (non controllate)” oltre che “affette da intrinseca incertezza e possono risultare significativamente differenti dalle reali condizioni”. Tali previsioni “vanno pertanto considerate come uno strumento di supporto alle decisioni ad integrazione degli strumenti già esistenti e dell’osservazione meteo-climatica fatta direttamente sul luogo di lavoro” e come tali a nostro avviso non possono essere assunte a fondamento di un provvedimento amministrativo di portata generale sull’intero territorio comunale». Il ragionamento è quindi: tutelare la salute dei lavoratori è basilare ma è necessario «valutare gli effetti negativi di un provvedimento di sospensione forzosa e di generica formulazione» che impatta su tutti i contesti lavorativi, anche quelli nei quali l’autonomia delle parti ha già portato all’adozione di soluzioni straordinarie condivise.
«Alla luce di tali esigenze e riflessioni - chiosa il presidente De Bartolomeo - chiediamo di valutare più compiutamente la situazione e di procedere ai necessari chiarimenti ed aggiustamenti, facendo salve le eventuali intese già assunte in sede aziendale e modificando l’attuale divieto in uno stringente richiamo ai profili e misure di tutela dei lavoratori per i rischi legati ai danni da calore di cui alle linee guida di luglio del Ministero del Lavoro».
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