“Morricone Stories”, in jazz

“Morricone Stories”, in jazz
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Se ne è andato un anno fa, con la discrezione e la dignità che hanno caratterizzato da sempre il suo stile di vita. E dopo aver regalato, in oltre 60 anni di carriera, momenti di emozionante felicità a milioni di persone in tutto il mondo. È difficile pensare ad un altro italiano che, come Ennio Morricone, sia stato tanto conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Compositore di musica assoluta, ma che certamente ha trovato il suo terreno d’elezione nelle oltre 500 colonne sonore di film.

E a dedicargli recentemente un suggestivo album, scegliendone dodici tra celebri e meno note, è stato Stefano Di Battista, il sassofonista romano legato al maestro da una sincera amicizia e da diverse collaborazioni. Il disco, intitolato “Morricone Stories” e pubblicato da Warner Music, sarà presentato oggi nell’atteso concerto della quarta giornata del “Locomotive Jazz Festival”, giunto alla sedicesima edizione sempre sotto la direzione del sassofonista salentino Raffaele Casarano.
L’appuntamento è alle 22.30 nell’Area Archeologica di Roca e Grotta della Poesia (costo del biglietto 15 euro + d.p.). Ad accompagnare il musicista saranno il pianoforte di Andrea Rea, il contrabbasso di Daniele Sorrentino e la batteria di Luigi Del Prete. Il concerto sarà preceduto alle 20 dal gruppo francese Inui con la loro musica minimale ed elettronica.

Di Battista, lei è stato anche amico di Morricone. Quando l’ha conosciuto?

«Tutto è nato qualche anno fa ad una cena organizzata da un amico per festeggiare l’Oscar alla carriera del Maestro. E lo conobbi in quell’occasione. Parlammo a lungo e forse gli risultai simpatico, e a un certo punto mi disse di prendere il sax perché voleva scrivere per me un brano. Tutti, io per primo, fummo sorpresi. Ma intanto, fra una portata e l’altra, si vedeva Ennio Morricone scrivere sul foglio pentagrammato il brano che avrebbe poi fatto parte di questo disco e che ho dedicato a mia figlia Flora».

Come nasce invece l’idea di dedicare un disco alla sua musica?

«Gli accennai questa intenzione, ma lui mi distolse e mi fece capire, un po’ scherzando, di lasciar perdere. E tutto finì lì. Ma qualche anno dopo mi disse di farlo tranquillamente, “raccomandandosi” però di trattare bene la sua musica! Dal gioco la cosa diventò perciò più seria e così mi dedicai alla sua musica applicando una rigorosa disciplina jazzistica. Ma ci sono voluti anni perché il lavoro fosse ultimato. Un’avventura straordinaria che ho vissuto con il massimo della devozione verso questo immenso musicista, straordinario anche dal punto di vista umano».

In che senso?

«Grazie a lui ho vissuto momenti che mi porterò dentro per tutta la vita. Mi capitava di accompagnarlo a casa, lui scendeva e si metteva a fermare le macchine per farmi fare retromarcia!».

Come ha realizzato gli arrangiamenti?

«Ero preoccupato perché ovviamente parliamo di brani scritti per grandi organici. In realtà quando ho iniziato a provare sono rimasto incantato dalla bellezza della melodia suonata con il sax. Poi, anche grazie all’ausilio del grande pianista francese Frédéric Nardin, ho trovato la giusta strada, che era quella di consentire alla musica di trovare la sua strada più naturale. Per cui alla fine l’arrangiamento è uscito automaticamente, mettendo appunto al centro il valore melodico e armonico di quello che aveva scritto il maestro, senza intervenire troppo».

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Quotidiano Di Puglia