In principio c’era la Puglia. Regione ultima del Sud, scomoda da raggiungere, pure bella ma difficile e troppo lunga per percorrerla fino a giù con troupe per fare...
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Qualche esempio subito, per intenderci. “Si vive una volta sola” di e con Carlo Verdone è il risultato di nove settimane di lavorazione nell’estate scorsa tra Salento (Otranto, Castro, Diso, Santa Cesarea Terme, Melendugno, Porto Badisco, Sant’Andrea e Serrano) e Bari e la sua provincia (Conversano, San Vito di Polignano a Mare e Monopoli), prodotto con il sostegno di Apulia Film Commission e Pugliapromozione (enti ormai celeberrimi presenti insieme in quasi tutti i festival e manifestazioni internazionali di cinema e qui uniti da un’opera cinematografica). Verdone ha girato interamente in Puglia questo film per la prima volta, ma lui a Lecce è da dieci anni habitué per il ‘Premio Mario Verdone’ destinato ad un’opera prima che viene consegnato nell’ambito del Festival del cinema europeo e che si svolge ad aprile. Fu in quello stesso festival che arrivò anche Ferzan Ozpetek a metà Duemila e decise poi di girare due film a Lecce e dintorni: “Mine vaganti” nel 2010 e “Allacciate le cinture” nel 2014.
Quest’estate tra i vari set che si sono qui incrociati c’è anche quello di Aldo, Giovanni e Giacomo che hanno girato da noi “Odio l’estate”. È poi nel minuscolo teatro Cittadino di Noicattaro che ha preso vita il teatro dei Burattini di Mangiafuoco, e tra Polignano a Mare e Monopoli vive la Balena che ha ingoiato Pinocchio e il suo babbo, mentre in un ulivo secolare di Ostuni saltella a parla il Grillo Parlante: Matteo Garrone per il suo “Pinocchio” con Roberto Benigni ha scelto la Puglia, sette settimane tra Ostuni, Fasano, Monopoli, Polignano, Noicattaro, Altamura, Gravina e Spinazzola. L’elenco, anche solo degli ultimi film (per non parlare di fiction tv), sarebbe lungo (e francamente noioso), ma non si può non citare “Tolo Tolo” di Checco Zalone (girato soprattutto tra Acquaviva delle Fonti, Bari, Gravina in Puglia, Minervino Murge, Monopoli, Spinazzola, Torre Guaceto). Un rinascimento pugliese che parte dalontano, mava spiegato dalla fine
È degli ultimi giorni la notizia dell’apertura di una costola del Centro Sperimentale di Cinematografia a Lecce, nelle aule che furono un tempo del Collegio Argento: un corso triennale di studi sul restauro dei prodotti cinematografici. Anche dietro ad un’operazione come questa non c’è il caso. Se la Puglia è oggi considerata una “regione fortemente cinematografica”, come ha detto Paolo Tosini specialista di restauro cinematografico che organizza il Centro di Cinematografia aperto a Lecce, è perché c’è stato un lungo lavoro partito in maniera pionieristica già oltre due decenni fa, quando la Provincia di Lecce e poi la Regione cominciarono a pensare ad un fondo per il cinema che poteva essere un volano per il turismo (nacquero così il Film Fund e poi l’Apulia Film Commission, oggi riferimento del cinema italiano e internazionale).
Quando arrivarono in Salento le prime grosse produzioni non fu un caso: pensiamo a “Liberate i pesci” di Cristina Comencini, girato tra Lecce e Trani nel 1999. Dietro ci fu lo zampino di un attore di casa nostra, Michele Placido, insieme a quello di un operatore del settore che da anni lavorava in proprio per portare il “cinema” in Puglia: Andrea Coppola, leccese americano, organizzatore di produzione sin dai tempi di pellicole ricordate ormai solo dai cultori (come “Le farò da padre” di Alberto Lattuada del 1974 e nel 1976 “Cadaveri eccellenti” di Francesco Rosi). Il cinema lentamente stava arrivando. E qualcuno azzardò pure a farlo in casa: a Bari con “LaCapaGira” esordiva nel 1999 il regista Alessandro Piva, mentre nel Salento un giovane ardimentoso del luogo, Edoardo Winspeare, uscì nel 2000 con “Sangue vivo” (e fu l’inizio di una lunga storia). Riguardo ai documentari, Paolo Pisanelli aveva già fondato nel ’98 una società di produzioni cinematografiche la Big Sur (e poco dopo nacquero anche i Fluid Video Crew di Davide Barletti). E se tra i primissimi esempi si ricorda uno sconosciuto “Manfredonia, Southern Italy”, documentario in formato 35 mm uscito nel 1912, dedicato alla cittadina della Puglia e destinato al mercato estero, la storia racconta che negli anni Cinquanta il Salento fu soprattutto terra diqualche raro documentarista antropologo/etnomusicologo (vedi esperienze al seguito di Ernesto De Martino). Pure un film di Totò si girò nel ’58: “Gambe d’oro” di Turi Vasile epoco altro.
Degli anni Sessanta furono invece gli altri fondamentali passaggi.
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Quotidiano Di Puglia