I femminicidi, l'(in)cultura e le proposte da manicomio

C'è chi propone manicomi e pena di morte, come se gli autori dei femminicidi fossero soltanto "mostri" deviati e straordinari. Senza capire che si tratta invece del frutto ordinario di una (in)cultura diffusa, capillare, accettata

Un ricordo di Giulia Cecchettin
Manicomi, come se si trattasse “solo” di pazzi da internare, di mostri deviati e perciò straordinari, rari, e non viceversa dei frutti ormai ordinari di una...

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Manicomi, come se si trattasse “solo” di pazzi da internare, di mostri deviati e perciò straordinari, rari, e non viceversa dei frutti ormai ordinari di una (in)cultura diffusa, capillare, che mortifica la donna a oggetto e possesso e che ha un grosso problema ad accettare i “no” o i presunti fallimenti. E poi la pena di morte o la castrazione chimica, come se aggiungere barbarie e orrore ad altre barbarie e ad altro orrore possa servire a qualcosa, o come se il deterrente del “colpirne uno per educarne cento” (cosa diversa dalla necessaria giustizia di uno Stato di diritto) aiutasse davvero a scardinare quella (in)cultura. 

Dalla politica è ormai doveroso aspettarsi di tutto e di peggio. Ma ci sono terreni - come si dice in questi casi - non negoziabili, sui quali cioè dovrebbe esserci un humus condiviso: la lotta consapevole ai femminicidi, alla violenza di genere e a quell’(in)cultura di fondo è uno di questi terreni. Dovrebbe, e invece eccoci puntualmente qui. Uno degli ultimi a iscriversi allo spettacolo d'arte varia è stato Pippi Mellone, sindaco di Nardò non nuovo a uscite temerarie: altro che «analisi sociologiche» e «intellettuali indaffarati» - scrive su Facebook - meglio il «pragmatismo» e quindi «i manicomi perché le strade sono piene di pazzi autentici» e «la pena di morte». Semplice, no? Basta rinchiudere i pazzi, e poi al limite affidarli alla pena di morte, e il gioco è fatto.
Non l’unico, non il solo. Qui da manicomio è forse il dibattito generale, perché non assume la complessità e la pervasiva profondità culturale della questione, che prima di crollare negli abissi del femminicidio ha mille altre sfaccettature, non per forza opera di “pazzi”, e molto spesso anzi quotidiane, e persino più o meno tacitamente accettate. Partire da qui sarebbe gran cosa, a destra e a sinistra, a Roma e in periferia. Lasciando stare, possibilmente, manicomi e pene di morte. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia