Giuseppe Conte è come il grigio e il beige: è il capo (politico) che sta bene su tutto. Sulle maggioranze e sulla opposizioni, sul governo e sulla lotta, sugli...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Giuseppe Conte è come il grigio e il beige: è il capo (politico) che sta bene su tutto. Sulle maggioranze e sulla opposizioni, sul governo e sulla lotta, sugli accordi e sui disaccordi, sulla destra e sulla sinistra: è duttile, litiga e strappa con questo e quello ma senza eccedere, stringe accordi e però sempre con quella dose di autonomia e diffidenza. E in primavera (pugliese), quando il clima è pazzo e non si sa che indossare, il capo del M5s va che è una meraviglia.
In questi giorni di fuoco Conte è il protagonista che quasi monopolizza la scena politica. Dopo aver messo in crisi il campo largo col Pd di Elly Schlein per il caso Bari, mandando in malora le primarie tra Michele Laforgia e Vito Leccese, ha annusato il clima e fiutato l'occasione: una, due, tre inchieste per voto di scambio e corruzione in poche settimane in Puglia, dal Comune capoluogo alla Regione, e allora – dice l'ex premier – è il momento di «non fare sconti nemmeno a chi è nel nostro campo», «pulizia e tabula rasa» e via così, con quel lessico “purista” un po' da pentastellato della primissima ora, perfetto per massimizzare visibilità e consensi verso le Europee e impennare l'audience politica.
Fino alla decisione finale (più o meno): via dalla giunta regionale guidata da Michele Emiliano, al quale ha però sottoposto un “patto per la legalità” e l'idea di un assessorato ad hoc. Tradotto: un'ultima mano tesa al governatore per tirarsi fuori dalle sabbie mobili e non spezzare completamente il filo col M5s. «Approccio costruttivo», ha commentato ieri Conte lasciando aperto più di qualche spiraglio per ricucire, riappacificarsi e riportare i cinque stelle nella squadra d'assessori regionali. Insomma: strappo ma non troppo, vado via ma senza sbattere più di tanto la porta, perché Conte è il capo che deve stare bene su tutto e in fondo con tutti, e perciò con nessuno in particolare, oggi e anche domani, quando non si sa mai cosa può accadere.
È la strategia del tutto e niente, a maglie larghe. L’ex premier, del resto, s'è alleato con la Lega, ci ha governato insieme, e poi ha rumorosamente divorziato; ha quindi scelto il Pd, tra continui alti e bassi; ha saldato l'asse di ferro con Emiliano, e ora ne mette in dubbio coalizione extralarge ed eredità politica. Perché il punto, in fondo, è anche questo – sollevato da più di qualcuno nelle ultime, convulse ore: ma Conte sta scoprendo davvero solo adesso che cosa erano e sono il sistema di potere regionale e il trasformismo alla pugliese? Non certo misteri svelati d’incanto, anzi: contesti e circostanze ben noti sin dagli albori dell’alleanza pugliese. Ma forse l’improvvisa, recente presa di coscienza di Conte è solo lucido calcolo politico. Ed è senz’altro frutto della forza d'urto delle elezioni europee, che – col sistema proporzionale – obbligano tutti a correre in solitaria e pertanto a distinguersi politicamente persino dagli abituali alleati, anche a costo di danneggiarli.
Nella ventosa, ventosissima appendice finale della primavera pugliese, che tutto spazza via e che rimescola pensieri ed equilibri, non è più ben chiaro a nessuno cosa accadrà, e cioè se il centrosinistra a trazione Pd-M5s finirà a pezzi per sempre, in Puglia come in tutto il Paese; o se i cocci verranno in qualche modo ricomposti. Conte però è sempre lì, tanto se c'è da bacchettare rievocando la “questione morale” e puntando l’indice contro i “capibastone locali del Pd” per incalzare Schlein, e quanto se bisogna viceversa proporre patti per la legalità come estrema soluzione.
In politica, soprattutto nella politica degli influencer, pesa tantissimo il tempismo.
Quotidiano Di Puglia