Il referendum farà perdere peso al Sud? L'ipotesi gira con qualche allarme in rete, ma la risposta è no. O, se si vuole essere pignoli, è sì; ma in...
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Se gli italiani approveranno la riforma, qualcosa nei rapporti di forza territoriali cambierà perché ci saranno alcune regioni solo sfiorate dai tagli (Valle d'Aosta, Molise e Trentino Alto Adige) e altre colpite più severamente (Basilicata, Umbria, Abruzzo) con il saldo che porta una lieve riduzione di rappresentanza per il Mezzogiorno, che scenderebbe dagli attuali 322 parlamentari su 945 (il 34,1%) a 203 su 600 (il 33,8%). Una riduzione di appena tre decimali, dovuta soprattutto all'impatto che la riforma avrebbe sulla rappresentanza senatoriale della Basilicata, come si dirà.
Ma il punto è che il Sud comunque - riforma o non riforma - ha perduto molti colpi rispetto alla situazione del 2011, cioè del censimento in base al quale si è votato nel 2013 e nel 2018. Tre le ragioni del calo demografico: la minore natalità (i neonati non votano, ma contano ai fini del riparto dei seggi), le migrazioni interne, la scarsa presenza degli stranieri. Anche i residenti di nazionalità estera, pur non avendo diritto di voto, valgono ai fini dell'assegnazione dei deputati e senatori a ciascun territorio e, visto che gli stranieri tendono a insediarsi nelle aree più ricche, ciò sposta molti parlamentari verso il Centro-Nord.
L'effetto demografia, anche se non siamo ancora nel 2021, è stimabile in base ai valori Istat più aggiornati, che arrivano al 31 gennaio 2020. Ebbene: le otto regioni meridionali sono destinate a perdere nel loro insieme ulteriori cinque tra deputati e senatori se passasse la riforma e ovviamente qualcuno in più (otto o nove a seconda degli arrotondamenti) se la riforma fosse bocciata nel voto del 20 e 21 settembre. Cinque parlamentari su 600 (oppure 8 sui 945 attuali) rappresentano in entrambi i casi quasi un punto percentuale per cui in Parlamento quota 34% è destinata a non essere più rispettata e si scenderà al 33%.
L'effetto combinato della riduzione del numero di deputati e senatori e del cambiamento del peso demografico fra i territori porta un taglio complessivo della rappresentanza parlamentare meridionale del 38,5%: due punti esatti sopra la media generale che è del 36,5%. Quest'ultima percentuale è la riduzione se a Montecitorio i deputati scendessero dai 630 attuali a 400 e se a Palazzo Madama i senatori elettivi fossero ridotti da 315 a 200.
Ma perché, se il taglio è lineare, l'effetto sui territori non è uguale in tutte le regioni? La spiegazione è nelle peculiarità del Senato. Nella versione della Carta in vigore, si prevede che «nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno». Quel numero sette è un bel favore per regioni poco popolose, come la Basilicata o l'Umbria, le quali insieme hanno meno abitanti della Sardegna, ma in due eleggono quattordici senatori contro otto dell'isola. Con il nuovo sistema, il minimo di sette senatori non è stato ridotto del 36,5% ma più che dimezzato e portato a tre per cui Basilicata e Umbria si fermeranno a sei senatori, pur sempre uno in più dei cinque della Sardegna.
L'anomalia della Basilicata, sovrarappresentata a Palazzo Madama, risulta particolarmente evidente dal fatto che la regione oggi elegge sette senatori sul 315 e solo 6 deputati su 630, perché a Montecitorio non c'è alcun minimo regionale e conta soltanto la quota di popolazione. Fatto sta che dalla attuale squadra di tredici parlamentari, la Basilicata scenderebbe a sette con una sforbiciata record del 46%.
Per una anomalia che si corregge, però, la riforma ne crea un'altra. Il Trentino Alto Adige infatti nella costituzione attuale è considerato una Regione per cui beneficia del minimo di sette senatori, con poco più di un milione di abitanti. Se vinceranno i sì, il minimo come detto scenderà da sette a tre ma il Trentino Alto Adige attingerà due volte alla quota tre, una volta come Provincia autonoma di Bolzano e l'altra come Provincia autonoma di Trento. Per cui alla fine il taglio sarà appena un solletico, da 7 a 6 senatori. In pratica la rappresentanza a Palazzo Madama del Trentino Alto Adige sarà la stessa della Calabria, ma con la metà degli abitanti.
A perdere quasi certamente seggi per il calo demografico saranno Abruzzo, Calabria e Puglia alla Camera e Puglia e Sicilia al Senato. Per la Puglia il calcolo dovrebbe essere il seguente: da 42 a 27 deputati per l'effetto della riforma, 26 con il ridimensionamento demografico; al Senato da 20 a 13, che diventano tuttavia 12. I cinque seggi persi dal Mezzogiorno finiranno tre al Lazio e due alla Lombardia, la quale succhierà anche un deputato dal Piemonte. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia