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Un vertice “corale” con la Conferenza delle Regioni per ricucire e chiarire, tanto per cominciare. Successivamente, incontri con i singoli governatori per entrare nel merito di progetti e livelli di spesa e preparare il terreno verso l’agognata suddivisione tra le Regioni del Fondo sviluppo e coesione 2021-27, partita per la Puglia da oltre 4 miliardi di euro. Poi, archiviati i prossimi e più urgenti step sul Pnrr (a partire dalla terza rata da 19 miliardi: ci siamo), il faro sarà concentrato anche sul Sud: non un piano ad hoc in senso stretto, ma risposte strutturali alle singole aree tematiche da declinare in chiave Mezzogiorno. Raffaele Fitto è alle prese con mille spine, e tra queste c’è il confronto – non esattamente sereno, al momento – con le Regioni.
Materia del contendere è il Fondo sviluppo e coesione, quasi 27 miliardi di risorse nazionali in attesa di destinazione, e sulle quali nutrono legittime aspirazioni i governatori, dopo che il governo Draghi aveva spartito la torta, ma non ancora materialmente assegnato i fondi per il tramite del Cipess. Il ministro degli Affari europei, del Pnrr e della Coesione (in una parola: il titolare della cassaforte di Palazzo Chigi) prende però tempo perché non vuol deragliare dal binario imboccato, anche qui legittimamente: ricognizione puntuale di tutte le risorse a disposizione, valutazione dei progetti e del loro stato d’attuazione, programmazione coordinata dal centro della massa complessiva di fondi e un sistema di vasi comunicanti. Del tipo: Pnrr e Fsc – per stare sull’esempio più urgente – dovranno dialogare, innanzitutto per evitare sovrapposizioni strategiche e rispondere a una visione unitaria, ma anche per consentire al Piano di ripresa e resilienza di aggirare le scadenze-tagliola dell’Ue dirottando magari una quota di interventi sul più elastico Fsc.
Le prospettive
Cosa accadrà adesso? Circa 15 giorni fa Massimiliano Fedriga, presidente friulano (e di centrodestra) della Conferenza delle Regioni, aveva scritto a Fitto per chiedere un incontro ritenendo «urgente il riparto del Fsc». Non solo: nella lettera venivano espresse perplessità in merito all’articolo 51 del decreto Pnrr, il quale prevede che «i rimborsi della Commissione europea e della quota nazionale derivanti dalla certificazione di progetti originariamente finanziati con risorse nazionali, non vengano immediatamente restituiti ai Programmi di riferimento (regionali, ndr), ma vengano trattenuti a livello nazionale per una successiva riassegnazione territoriale». Fitto, anche nell’informativa della scorsa settimana al Parlamento, tiene saldamente il punto però: prima di sbloccare risorse e programmi, occorre completare la ricognizione della spesa, capire perché ci sono buchi neri (cioè frazioni di vecchie programmazioni ancora ferme), e trasferire da un capitolo all’altro o da un finanziamento all’altro. Il ministro incontrerà Fedriga e gli altri governatori, poi sarà il tempo dei singoli faccia-a-faccia. Magari concretizzando accordi regionali per destinare la quota Fsc. In parallelo, come accennato, c’è da applicare concretamente la delega al Sud e alla Coesione, fin qui rimasta nell’ombra: la traccia prevede dei focus per aree tematiche, concentrando gli interventi al Mezzogiorno. Resta da capire se ai governatori - e in prima battuta a Emiliano - tutto questo basterà
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