Fondi Fsc, guerra di nervi: Raffaele Fitto pronto a incontrare le regioni. E pensa a un piano Sud

Fondi Fsc, guerra di nervi: Raffaele Fitto pronto a incontrare le regioni. E pensa a un piano Sud
di Francesco G. GIOFFREDI
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Lunedì 1 Maggio 2023, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 20:35

Un vertice “corale” con la Conferenza delle Regioni per ricucire e chiarire, tanto per cominciare. Successivamente, incontri con i singoli governatori per entrare nel merito di progetti e livelli di spesa e preparare il terreno verso l’agognata suddivisione tra le Regioni del Fondo sviluppo e coesione 2021-27, partita per la Puglia da oltre 4 miliardi di euro. Poi, archiviati i prossimi e più urgenti step sul Pnrr (a partire dalla terza rata da 19 miliardi: ci siamo), il faro sarà concentrato anche sul Sud: non un piano ad hoc in senso stretto, ma risposte strutturali alle singole aree tematiche da declinare in chiave Mezzogiorno. Raffaele Fitto è alle prese con mille spine, e tra queste c’è il confronto – non esattamente sereno, al momento – con le Regioni.
Materia del contendere è il Fondo sviluppo e coesione, quasi 27 miliardi di risorse nazionali in attesa di destinazione, e sulle quali nutrono legittime aspirazioni i governatori, dopo che il governo Draghi aveva spartito la torta, ma non ancora materialmente assegnato i fondi per il tramite del Cipess. Il ministro degli Affari europei, del Pnrr e della Coesione (in una parola: il titolare della cassaforte di Palazzo Chigi) prende però tempo perché non vuol deragliare dal binario imboccato, anche qui legittimamente: ricognizione puntuale di tutte le risorse a disposizione, valutazione dei progetti e del loro stato d’attuazione, programmazione coordinata dal centro della massa complessiva di fondi e un sistema di vasi comunicanti. Del tipo: Pnrr e Fsc – per stare sull’esempio più urgente – dovranno dialogare, innanzitutto per evitare sovrapposizioni strategiche e rispondere a una visione unitaria, ma anche per consentire al Piano di ripresa e resilienza di aggirare le scadenze-tagliola dell’Ue dirottando magari una quota di interventi sul più elastico Fsc. Il timore delle Regioni, soprattutto del Sud al quale spetta l’80% del Fondo sviluppo e coesione, è intuibile: il Fsc finirà in un indistinto calderone e dunque addio risorse “pro quota”. Tra i governatori più agguerriti e in trincea c’è Michele Emiliano: ha chiesto ripetutamente la fetta pugliese del Fsc, e lo ha ribadito anche sabato. Quei 4 miliardi per la Puglia sarebbero cruciali per due ragioni, ricordate spesso dal governatore: per il «cofinanziamento dei fondi europei» e per dare risposte, agevolazioni e contratti di programma alle imprese che intendono investire in Puglia (il nuovo Por 2021-27, il Programma operativo regionale alimentato dai fondi europei, non potrà erogare sostegni diretti agli investitori). Proprio però le due leve evocate da Emiliano e appena ricordate sono i fattori di criticità sui quali Fitto e la sua tecnostruttura si stanno concentrando: da una parte contestano la prassi di drenare il Fsc per cofinanziare i fondi europei; dall’altra il ministro vuol capire con un monitoraggio puntuale in che modo vengono realmente utilizzate le risorse. Il principio da salvare, insomma, sarebbe il seguente: prima i progetti e le linee d’investimento nero su bianco, poi sarà sbloccata la quota regionale del Fsc. In ogni caso - garantiscono da ministero e Dipartimento - sempre «tutelando i vincoli di finalità e territorialità», cioè prima di tutto il criterio dell’80% al Mezzogiorno.

Le prospettive

Cosa accadrà adesso? Circa 15 giorni fa Massimiliano Fedriga, presidente friulano (e di centrodestra) della Conferenza delle Regioni, aveva scritto a Fitto per chiedere un incontro ritenendo «urgente il riparto del Fsc».

Non solo: nella lettera venivano espresse perplessità in merito all’articolo 51 del decreto Pnrr, il quale prevede che «i rimborsi della Commissione europea e della quota nazionale derivanti dalla certificazione di progetti originariamente finanziati con risorse nazionali, non vengano immediatamente restituiti ai Programmi di riferimento (regionali, ndr), ma vengano trattenuti a livello nazionale per una successiva riassegnazione territoriale». Fitto, anche nell’informativa della scorsa settimana al Parlamento, tiene saldamente il punto però: prima di sbloccare risorse e programmi, occorre completare la ricognizione della spesa, capire perché ci sono buchi neri (cioè frazioni di vecchie programmazioni ancora ferme), e trasferire da un capitolo all’altro o da un finanziamento all’altro. Il ministro incontrerà Fedriga e gli altri governatori, poi sarà il tempo dei singoli faccia-a-faccia. Magari concretizzando accordi regionali per destinare la quota Fsc. In parallelo, come accennato, c’è da applicare concretamente la delega al Sud e alla Coesione, fin qui rimasta nell’ombra: la traccia prevede dei focus per aree tematiche, concentrando gli interventi al Mezzogiorno. Resta da capire se ai governatori - e in prima battuta a Emiliano - tutto questo basterà

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