La fase è quello che è: convulsa e nebulosa a Roma, critica e delicata come cristallo in Puglia. Dopo le elezioni del 4 marzo, Michele Emiliano s’è...
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Insomma, Emiliano rintuzza a modo suo le accuse di trasformismo piovute come una grandine di proiettili dopo il caso Aqp: lo fa rilanciando. Il quadro è chiaro: il governatore sente la debolezza del Pd e teme il ko a catena, a cominciare dalle amministrative di primavera, giù a cascata fino alle comunali baresi del prossimo anno e (soprattutto) alle regionali del 2020. Tradotto, si guarda all’oggi con lo sguardo proiettato sul domani. Di fatto così il governatore rispolvera e riadatta la sua solita cassetta degli attrezzi: non più soltanto annettere alla sua leadership pezzi di ceto dirigente di centro e di destra, ma ampliare strutturalmente la coalizione. Senza però un disegno al momento chiaro e ben perimetrato: si spazia, appunto, dai cinque stelle al centrodestra, passando per le sempre corteggiate liste civiche.
La sensazione è che Emiliano voglia affondare il colpo per uscire dall’assedio, lanciare messaggi agli alleati pugliesi (del tipo: occhio, posso fare a meno di voi) e infine ritagliarsi una via di fuga. L’appello è «a tutti i segretari cittadini, al segretario regionale, ai segretari provinciali: il Pd non può pensare che tutto proseguirà come se niente fosse, e che quindi è possibile affrontare le prossime elezioni amministrative come dieci anni fa a Bari e come dieci anni fa alla Regione Puglia». Da qui la necessità di «rivolgersi ad altre componenti», «altrimenti il centrosinistra rischia di avere una difficoltà elettorale e politica gravissima perché si chiude in una vecchia concezione, quella del rompere il centrodestra per vincere le elezioni». «Ora che il bipolarismo non esiste più», occorre «unire la comunità pugliese, e anche la comunità italiana, sul progetto di governo. E questo bisogna farlo aprendosi, eventualmente, ad alleanze sia con il M5s, se qualcuno ci sta, sia con gli altri raggruppamenti politici dello scenario, se accettano i punti programmatici che il centrosinistra ritiene centrali». In sostanza, il Pd non è più king maker, ma le altre forze devono sottostare ai suoi «punti programmatici». «Da questo punto di vista la Regione - precisa - come istituzione che ha costruito il suo programma con questa tecnica, è a disposizione»: il che suona come indizio di sperimentazioni, presto, in Regione.
Quanto a Forza Italia - prosegue Emiliano - «mi rendo conto ha ancora il peso dell’immagine di Berlusconi, ma credo che Berlusconi abbia compreso che, se proprio vuole bene all’oggetto del suo impegno politico, è necessario lasciare al centro politico italiano, e pugliese, una libertà di movimento. Una libertà di movimento che deve anche in quel caso essere di natura coalizionale». «Il centrodestra, analogamente al centrosinistra e al M5s non ce la fa a vincere tutte le partite da solo, e ha bisogno di costruire progetti di governo condivisi, possibilmente basati sul metodo della partecipazione».
Letto così, il matrimonio con Di Cagno Abbrescia parrebbe solo un antipasto. Il rimpasto di giunta alle porte è un crocevia: Emiliano potrebbe dilatare ulteriormente la cornice di coalizione, in queste settimane ha persino gettato silenziosi ponti verso singoli consiglieri di centrodestra. La paura di future débâcle elettorali si fa sentire. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia