Individuare precocemente la malattia per poter trattare i pazienti in casa, con l'aiuto dei medici di base e di medicina generale. È questa la chiave di volta per...
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Perché le strategie di contenimento del contagio risultino efficaci, infatti, la Federazione ritiene centrale l'intervento sul territorio. Convinzione, questa, scaturita innanzitutto dall'esame obiettivo di quanto avvenuto in Lombardia: l'elevatissimo numero di contagiati fra medici e infermieri ospedalieri insieme alla velocità di diffusione del virus, ha messo in ginocchio una delle sanità più efficienti d'Europa, congestionando i reparti di Terapia intensiva e costringendo i medici rianimatori a scelte etiche, fino a oggi inimmaginabili, per garantire cure e sostegno a coloro i quali avevano e hanno più possibilità di sopravvivere.
Il coronavirus, dunque, va fermato fra le mura di casa: i medici lo scrivono, nero su bianco, in una lettera che vede in calce, insieme a quella di Anelli, anche le firme dei presidente degli Ordini di Lecce, Taranto, Como, Bergamo e Milano, pubblicata il 26 marzo sul British Medical Journal, fra le più autorevoli riviste medico scientifiche internazionali.
Perché l'assistenza domiciliare già in essere in altre regioni - è preferibile a quella ospedaliera? Le ragioni sono molteplici e, a spiegarle, è il presidente dell'Ordine dei Medici di Lecce, Donato De Giorgi, in una missiva indirizzata il 30 marzo al presidente della Regione Michele Emiliano e al direttore del Dipartimento regionale per la Salute, Vito Montanaro. Innanzitutto la diffusione del coronavirus «è favorita da ambienti chiusi e frequentati da più persone». Si pensi ai focolai registrati in queste settimane nei reparti degli ospedali, nelle case di riposo per anziani o nelle caserme di tutta la regione.
A ciò si aggiunga che, dopo anni di tagli, negli ospedali di Puglia manca personale sanitario e mancano, oggi, anche i necessari dispositivi di protezione. Inoltre, se è vero che il piano ospedaliero regionale, aggiornato due giorni fa, sarebbe pronto a offrire un letto a 3.500 pazienti affetti da Covid-19, le immagini degli ospedali settentrionali, schiacciati dalla velocità dei contagi, restano un monito e una indicazione secondo FNOMCeO a spostare l'attenzione dall'ospedale al territorio, accelerando i tempi di diagnosi con test rapidi. «Esistono già sufficienti prove scientifiche in grado di supportare l'efficacia di un trattamento per bocca che veda associati un antimalarico e un antibiotico» aggiunge De Giorgi. La terapia, che potrebbe quindi essere somministrata a casa di ogni contagiato, prevede l'utilizzo in abbinamento di idrossiclorochina e azitromicina, in grado se assunti a determinate dosi e nelle fasi iniziali della malattia di fermare la replicazione del virus.
La Società Italiana di Malattie infettive e tropicali (Simit) ha già pubblicato il 27 marzo scorso un documento per la gestione domiciliare di questa terapia nei casi di pazienti asintomatici o con sintomi lievi, ma da Bari ancora non è arrivata alcuna decisione in merito. Certo è che, qualora anche la Puglia abbracciasse l'idea di un protocollo terapeutico domiciliare, la task force regionale per la gestione della pandemia dovrebbe preoccuparsi di rifornire le farmacie dei farmaci necessari: dopo la pubblicazione del documento Simit il Plaquenil, l'antimalarico contenente l'idrossiclorochina, è andato a ruba e persino i depositi dei grossisti sono stati svuotati. «La Regione dovrebbe richiederli direttamente alle case produttrici e distribuirli alle farmacie ospedaliere a carico del Sistema sanitario nazionale» suggerisce l'Ordine dei Medici di Lecce. Il tempo stringe. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia