Venti miliardi: è questo il costo (minimo: ma può impennarsi fino a 70) che graverebbe sulle casse del Paese, e sulle spalle degli italiani, in caso di una exit...
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I tempi e l'ok. Già: questione di giorni, forse di ore, poi il governo pentaleghista dovrà esprimere il verdetto sul gasdotto con approdo a San Foca. Tempi stretti, perché Tap ha procrastinato già troppo il suo rigido cronoprogramma, e oltre non può andare. Alla fine del vertice, ieri, tirava per questo quasi aria di via libera al gasdotto: un eventuale annuncio ufficiale si arresta giusto pochi fotogrammi prima di diventare tale. Ma - beffa delle beffe - spetta proprio a Barbara Lezzi, ministra salentina cinque stelle e pasionaria del no, dichiarare all'Ansa: «Nelle prossime 24-36 ore prenderemo una decisione. Abbiamo le mani legate dal costo troppo alto che dovremmo far pagare al Paese per fermare l'opera, un costo che per senso di responsabilità non possiamo permetterci». E ancora: «Purtroppo il sentiero è molto stretto, ma ancora verifiche verranno fatte dal ministro Costa nelle prossime 24-36 ore». Al tavolo c'era infatti anche Sergio Costa, ministro dell'Ambiente, che a caldo dichiara: «Ci saranno verifiche sulle cartografie del progetto. Parlo in particolare di eccesso di potere».
L'appello dei cinque stelle. Gli ulteriori approfondimenti dell'ultimo minuto sarebbero stati sollecitati ieri da parlamentari e consiglieri regionali cinque stelle, oltre che dal sindaco Potì: consegnata ai ministri nuova documentazione su cartografie, posidonia marina, direttiva Seveso, mancata previsione di un Sito d'interesse comunitario. Le «24-36 ore» sono il residuo baluardo a cui s'aggrappa con le unghie il fronte istituzionale del no, mentre la dichiarata volontà di «nuove verifiche» è una mano tesa in particolare a parlamentari e consiglieri del M5s, per consentire loro dopodomani di poter affermare «noi ce l'abbiamo messa tutta».
La reazione di Potì. E il sindaco? Dopo il tavolo non si sbilancia: «Noi abbiamo chiesto al governo un clima politico ostile a Tap, non favorevole come quello di Letta, Renzi e Gentiloni: una cosa è dire tana libera tutti, altra è dire faremo i cani da guardia. Non c'è il via libera all'opera che qualcuno aspettava». Abbiamo chiesto una sospensione dell'opera, ci saranno tempi stretti. Dal punto di vista politico c'è ancora la contrarietà del governo a quest'opera». In serata, all'ingresso di palazzo Chigi, s'era così espresso: «Un'opera inutile, dannosa e molto pericolosa per le popolazioni e il territorio. Se Conte ci dirà che l'opera va avanti, lo dirà per una convinzione politica. Nel mio comune i cittadini hanno votato per il 65% M5s. Lo stesso Grillo dal palco disse che il cantiere andava fermato. Matteo Salvini? In Salento, non più tardi di un anno fa, dichiarò sono contrario al gasdotto ma è un po' tardi. Oggi dice che è un'opera vantaggiosa per il Paese. Voglio chiarire che il 10% di sconto in bolletta non esiste da nessuna parte. Salvini dove lo ha appreso, in un birreria?».
Il riferimento di Potì è alle dichiarazioni mattutine del vicepremier e leader leghista: «Oggi dovrebbero ripartire i lavori per la Tap in Salento che abbasserebbe del 10% i costi dell'energia per famiglie e imprese. Anche lì il tira e molla. Io rispetto il contratto e la sensibilità degli alleati, ma l'Italia ha bisogno di più infrastrutture», «non credo alla decrescita felice. Quando decresci non sei felice». Un messaggio agli alleati pentastellati. E anche questo starà pesando sui piatti della bilancia.
Il Comitato No Tap. «La battaglia continua e pure la richiesta di dimissioni in blocco degli eletti del Movimento 5 Stelle in caso ricomincino i lavori di Tap», ha detto all'Ansa Gianluca Maggiore, portavoce del Movimento No Tap, dopo aver appreso gli esiti del tavolo romano. «Quello che è chiaro - afferma - è che si sta giocando. I ministeri non hanno i documenti, non sanno nulla». Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia