La città dei balocchi

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Siamo stati oltre due mesi chiusi in casa cantando l’Inno d’Italia e promettendo a noi e agli altri che ce l’avremmo fatta. Ora che è tutto passato, che i camion dell’esercito non trasportano più le bare e la polizia non ci ferma ad ogni incrocio chiedendo l’autocertificazione, siamo tornati a cimentarci nello sport preferito: ignorare le regole. Accade anche in questa città, dove il rigore morale e l’appello a non trasgredire hanno costituito una sorta di colonna sonora che ci ha fatto compagnia da marzo a maggio. Una colonna sonora consegnata ai social, a volte tanto ripetitiva e inutile da risultare noiosa.



Cosa resta di questa attenzione? Poco o nulla, se le immagini di ciò che accade nella movida non sono dei fotomontaggi (e non lo sono). Alla presenza di migliaia di persone senza alcun rispetto delle distanze e delle altre misure va data subito una risposta, senza perdere altro tempo. Altrove si stanno sperimentando i sensi unici pedonali, divieti, transenne e mascherine obbligatorie. A Lecce sembra essere affidato tutto alla (in)capacità di autoregolamentarsi e ai controlli dei pochi vigili in circolazione. Sbagliato. La nostra Fiat è il turismo e la ripresa da queste parti non avviene nel chiuso di una fabbrica, ma all’aperto: al mare, nelle piazze e nelle strade delle città d’arte e dei borghi, di giorno e di notte. Sarebbe un suicidio rovinare tutto e tornare a chiuderci in casa.  Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia