Gli scandali della pedofilia e l'atteggiamento del clero: papa Francesco da solo non basta

Gli scandali della pedofilia e l'atteggiamento del clero: papa Francesco da solo non basta
La lettura della lunga intervista sul Nuovo Quotidiano di Puglia di domenica 13 giugno, cronaca di Brindisi, a Giampiero Peschiulli dal titolo “In carcere da prete, libero...

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La lettura della lunga intervista sul Nuovo Quotidiano di Puglia di domenica 13 giugno, cronaca di Brindisi, a Giampiero Peschiulli dal titolo “In carcere da prete, libero da laico «Ma sarò sacerdote fino alla morte»”, rattrista. Per puro caso, incrocia il rapporto epistolare Marx-Papa Francesco che tanto ampio risalto ha avuto nel mondo cattolico e anche nella stampa nazionale. 

Ancora di più si rimane interdetti se l’intervista viene letta alla luce della Dichiarazione (resa pubblica il 4 giugno 2021) del cardinale Marx, arcivescovo di Monaco, che ha chiesto al papa, proprio a causa della pedofilia, di dimettersi da cardinale, pur non essendo coinvolto in nessuno scandalo, e alla luce della risposta di papa Francesco (10 giugno u.s.) che condivide ciò che il cardinale sostiene ma ha respinto le dimissioni del cardinale. 
Il caso-Peschiulli è stato chiuso giudiziariamente: tre gradi di processo penale lo hanno condannato. Da un punto di vista religioso (cfr. http://www.diocesibrindisiostuni.it/comunicato-stampa-3/) con un comunicato stampa del 28 gennaio 2016, per la chiesa cattolica Peschiulli non è più prete. Punto.

I desideri del soggetto, pur rispettabili, rimangono tali e non tocca a noi giudicarli anche quando vengono messi in prima pagina. Siamo interessati, invece, a riflettere con sguardo più approfondito sullo scandalo della pedofilia, che rappresenta una delle più gravi crisi che la chiesa cattolica si sia trovata ad affrontare da alcuni secoli. 

È un terremoto che non accenna tutt’oggi ad avere fine. Anche quando si cerca di nascondere, di stendere il velo del silenzio o di sostenere che la situazione italiana è diversa perché, come sostengono molti vescovi italiani, il problema è ben minore che altrove, perché non siamo in condizione di avere dati completi, e perché, sostengono, non siamo obbligati in base al Concordato a denunciare i fatti all’autorità civile.

A parte l’Associazione “Rete L’ABUSO”, non esiste ancora un movimento italiano diffuso su questo dramma ma fatti ben precisi emersi in parecchie diocesi sono ben noti. È ancora recente lo tzunami che ha investito la diocesi di Brindisi-Ostuni a partire dal 2014: tre casi in un breve periodo non sono pochi. E questo per fermarci solo alle verità processuali ed escludere il chiacchiericcio di strada sul sottobosco di molestie su minori coperto da un velo di mutismo o le parole degli stessi imputati che affermano di sapere molto di più del loro caso. Si dirà: comunque una minoranza. Sarebbe perciò sommamente ingiusto considerare la pedofilia una peste che infetta l’intero clero. Ma, quand’anche si trattasse di un solo caso, sarebbe tremendo per chi, per missione, annunzia l’Evangelo.
Il fenomeno, visto dal punto di vista del soggetto che commette questi reati, presenta alcune costanti. Una coscienza fortemente impregnata di cultura e formazione clericale, come è quella di quasi tutti i preti-pedofili, ignora le gravi sofferenze delle vittime; cancella la responsabilità personale; non manifesta pentimento, nasconde a se stesso il discredito che ha gettato sui suoi confratelli; non si rende conto della disaffezione e della crisi spirituale di quanti vengono a conoscenza dei suoi loschi comportamenti; non gli basta essere uomo, non gli basta nemmeno essere battezzato.

Pascal, nel Seicento, l’aveva detto con la sua proverbiale icasticità: chi vuol fare l’angelo, dimenticando di essere uomo, finirà col comportarsi da diavolo. L’atteggiamento dei vertici dell’istituzione ecclesiastica si è spesso dimostrato più attento a non intaccare l’immagine della chiesa, per cui per molto tempo i vescovi hanno tollerato il fenomeno, hanno messo in atto pratiche quali l’autodifesa del clero, rafforzata da una serie di modalità giuridiche di protezione e di gestione, fenomeni di copertura dell’abusante, scarsa trasparenza, palesi omissioni. Hanno escluso categoricamente, dinnanzi ad un acclarato reato così odioso, di alzare la cornetta del telefono e denunciare alla Procura della repubblica. Si sono limitati a spostare il soggetto in altra parrocchia, aggravando la situazione per la probabilità di reiterazione del reato.

Non convincono più certe spiegazioni parziali del fenomeno, anzi sono del tutto sbagliate, come il collegamento con la presenza omosessuale nei ranghi dei religiosi, preparata da ambienti unicamente maschili come i seminari e indicata come vera causa scatenante della pedofilia ecclesiastica, oppure la tesi che vede la pedofilia vista come conseguenza involontaria ma più o meno inevitabile dell’anacronistica scelta del celibato.

La ricerca di due storici (cfr. Benigno-Lavenia) e il recente film di Francois Ozon, Grazie a Dio, dedicato allo scandalo Preynat/Barberin, vanno alla radice del dramma della pedofilia dei preti. Preynat è un prete pedofilo di Lione e Barberin il suo arcivescovo. Secondo Barberin “la pedofilia è una malattia, un tratto degenerativo comunque transeunte ed emendabile, da affrontare con fermezza ma al contempo con fede nella redenzione e nella forza del perdono”. Dall’altra parte, “il film mostra come coloro che sollevano il caso sostengono al contrario trattarsi di un crimine che produce l’effetto di distruggere l’innocenza; una ferita incancellabile e insanabile, permanentemente sanguinante”.

Per la Chiesa cattolica la pedofilia dei preti è solo un peccato (visione centrata sulla condizione dell’autore, non sui danni per le vittime). Per la sensibilità dell’uomo di oggi la pedofilia è, invece, un reato. La Chiesa sconta, quindi, un gap culturale nell’affrontare il dramma di questo olocausto. “La crisi non riguarda unicamente l’ambito di un necessario miglioramento dell’amministrazione – indubbiamente anche questo – ma ancor più si tratta di una forma rinnovata di Chiesa e di un modo nuovo di vivere e proclamare la fede”. Gli abusi sessuali sui minori da parte dei religiosi della Chiesa cattolica non sono solo comportamenti fuorvianti di individui isolati, ma bisogna anche tenere conto delle caratteristiche rischiose e strutturali specifiche della Chiesa cattolica. Sanzionare le persone colpevoli, rammaricarsi pubblicamente per le loro azioni, pagare un risarcimento finanziario alle vittime, stabilire concetti di prevenzione sono misure necessarie ma non sufficienti.

È questa la tesi non di uno studioso qualsiasi ma del cardinale Marx, molto vicino a papa Francesco.
La chiesa tutta, continua il cardinale, si trova in un “punto morto”. Verrà fuori da questa situazione mortifera solo con un cambio di paradigma culturale; con “cambiamento che faccia male”, per ritrovare una “chiesa povera e di poveri” secondo il dettame evangelico e conciliare, anche economicamente; che non dia solo sicurezze e privilegi al suo personale ecclesiastico. Ma “Il cambiamento che faccia male” non può venire da vescovi “zeloti”, sempre meno inquieti ricercatori e sempre più amministratori dell’esistente.

Chi può operare, allora, questo cambiamento? Siamo sicuri che nella chiesa papa Francesco non basta da solo.
 

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Quotidiano Di Puglia