Peterhansel: «Al progetto di Audi non si può dire di no. Con il debuttante Suv elettrico puntiamo a finire tra i primi 5»

Stéphane Peterhansel, l'uomo della Dakar, gara che il 56enne francese ha vinto 14 volte quest'anno con l'Audi
TRENTO – «L'edizione giusta per smettere sarebbe stata quella scorsa», sorride Stéphane Peterhansel, l'uomo della Dakar, gara che...

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TRENTO – «L'edizione giusta per smettere sarebbe stata quella scorsa», sorride Stéphane Peterhansel, l'uomo della Dakar, gara che il 56enne francese ha vinto 14 volte (6 in moto e 8 in auto) con oltre trenta partecipazioni e appena 4 ritiri. «Non si poteva dire di no ad un progetto come quello di Audi», aggiunge il fuoriclasse. Che ha tre anni di tempo, cioè la durata dell'accordo con la casa dei Quattro Anelli, per aggiungere nuovi record al suo già ricco palmares. Per esempio non è il più anziano vincitore del rally raid: lo spagnolo Carlos Sainz, suo compagno di scuderia nella nuova avventura con Audi, si è imposto a 57 anni.

Qual è il momento giusto per lasciare?

«Io gareggerò ancora uno, due o tre anni. La Dakar non è una prova individuale, ma di squadra. Servono esperienza e, soprattutto, motivazione e una grande forza mentale. Non è una questione di età».

Alla Dakar ha cominciato con le moto e poi è passato alle auto: c'entra la paura?

«Anche. Quando gareggiavo in moto il mio stomaco era sottosopra almeno mezz'ora prima della partenza, mentre con le auto non avverto la stessa sensazione. Ho cambiato anche per altre due ragioni. Ho lasciato le moto perché dopo dieci edizioni ero ancora sano e ero già quello che ne aveva vinte di più. In moto gareggi sempre da solo: è bello quando sei davanti e sai di essere stato l'unico ad avere scelto la via giusta, ma non lo è altrettanto quando hai la consapevolezza di essere solo e magari non sai nemmeno dove. Così ho scelto di condividere l'emozione della Dakar con altri».

Mancherebbero i camion...

«Ci ho pensato veramente. Così ho provato un truck: la sfida sarebbe stata interessante, ma dal punto di vista della guida è un'altra cosa».

La sfida sarà interessante anche con il Suv elettrico di Audi ad autonomia estesa.

«Assolutamente sì. Il personale di Audi è preparatissimo e ho maturato la certezza che le modifiche tecniche che chiediamo, le possiamo anche ottenere».

Insomma: parte per vincere?

«L'ambizione di vincere c'è sempre, inutile nasconderlo. Ma questo è un caso diverso. Affrontare la Dakar con un Suv elettrico è complicato. Ci sono dei vantaggi, ad esempio sulla gestione della potenza e della coppia o per quel che riguarda le potenzialità dell'impianto frenante, ma ci sono anche degli svantaggi. Penso ai rischi legati alle infiltrazioni di sabbia e al sistema di raffreddamento. Ne abbiamo avuto la conferma nei test in Marocco, dove le temperature arrivavano anche a 47 gradi all'ombra. Visti anche i tempi, nel 2022 facciamo esperienza per essere pronti per vincere l'anno successivo. Ma non credo sarà un problema se dovessimo vincere prima. Un piazzamento fra i primi cinque è da considerare un bel risultato alla prima partecipazione con questo modello».

Come si arriva primi in una Dakar?

«La costanza è fondamentale ed è indispensabile non rischiare mai troppo. Ci sono sbagli che paghi a caro prezzo».

Come trova la Dakar in Arabia Saudita?

«È quasi un ritorno alle origini. È una gara molto africana con tanto deserto e niente asfalto e pochi centri abitati. È quasi lo stesso clima dell'inizio».

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Quotidiano Di Puglia