Tre visite in privato per la paziente Asl: condannato un medico

Tre visite in privato per la paziente Asl: condannato un medico
Un anno, quattro mesi e 20 giorni di reclusione sono stati patteggiati dalla dottoressa A.D.L, 66 anni, con l’accusa di aver svolto visite nel suo studio privato di Casarano ad...

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Un anno, quattro mesi e 20 giorni di reclusione sono stati patteggiati dalla dottoressa A.D.L, 66 anni, con l’accusa di aver svolto visite nel suo studio privato di Casarano ad una paziente convenzionata con la Asl, senza per questo versare il 30 per cento della parcella alla stessa azienda sanitaria locale. Peculato ed abuso di ufficio, le ipotesi di reato contestate.




Il processo è stato definito ieri mattina davanti al giudice per l’udienza preliminare Simona Panzera con la sentenza di patteggiamento che ha ritenuta congrua la pena concordata dall’avvocato difensore Rocco Legittimo con il pubblico ministero Emilio Arnesano. L’Asl si è costituita parte civile con l’avvocato Alfredo Cacciapaglia.



Si è così chiuso uno dei tanti casi giudiziari che contestano ai medici di violare le regole del sistema di “intramoenia allargata”. Il via a questa inchiesta lo diede l’informativa della Tenenza della Guardia di finanza di Casarano che segnalò la prestazione della dottoressa A.D.L. del 14 aprile di quattro anni fa: quel giorno avrebbe incassato da una paziente 360 euro per tre visite, ma senza registrare quelle prestazioni su una fattura intestata alla Asl. E senza versare la percentuale all’ente.



Il pubblico ministero Arnesano ha ravvisato il peculato per aver trattenuto la percentuale del 30 per cento destinata alla Asl, cioè 90 euro. L’abuso di ufficio sarebbe consistito nella violazione del regolamento per l’attività libero-professionale approvato nel 2000 che impone l’emissione di fattura in triplice copia sui bollettari della Asl. Il medico deve inoltre versare il 30 per cento della sua competenza, nonché consegnare le copie delle fatture entro la fine del mese di riferimento.



Sulla scorta di questi presupposti di legge, il pubblico ministero aveva chiesto il rinvio a giudizio dell’imputata. Ieri l’interessata e il suo difensore hanno optato per il rito processuale che consente di chiudere definitivamente il caso ottenendo una consistente riduzione della pena ma che limita la possibilità di difendersi. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia