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Tutto da rifare. La Corte d'Appello di Lecce ha annullato la sentenza di condanna per favoreggiamento della prostituzione emessa in primo grado nei confronti di un magistrato e della compagna, accusati di aver affittato ad alcune escort una abitazione del centro città. E ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Lecce, perché sia riformulata (eventualmente) l'accusa, dopo aver riconsiderato i fatti emersi dalle indagini.
Si parla di una vicenda giudiziaria che ha coinvolto il giudice della sezione civile della Corte di Cassazione, Giuseppe Caracciolo, 63 anni, e Pasqua Biondi, 57 anni, di Brindisi, poliziotta in aspettativa.
«Favorirono la prostituzione»: condannati giudice e poliziotta
Prostitute in appartamento: il Csm sospende il giudice
I due avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato dinanzi al gup, Carlo Cazzella. Sono difesi dagli avvocati Ladislao Massari e David Brunelli. Il pg Salvatore Cosentino aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado.
Nel corso dell'inchiesta fu disposto anche un incidente probatorio per l'ascolto delle donne che avevano preso in locazione il b&b. C'era stata una sommaria conferma della presunta consapevolezza di Caracciolo rispetto alle attività praticate all'interno dell'abitazione data in affitto, con la possibilità di fruire anche di telecamere e garage (servizi, fu detto, offerti a tutte le tipologie di ospiti temporanei) . Ma mai la prova che vi fosse l'intenzione da parte del magistrato di condurre l'appartamento come una casa a luci rosse in violazione delle norme che in Italia non consentono attività di quel tipo: prestazioni sessuali a pagamento tra le mura domestiche.
Il giudice era stato sospeso dalle funzioni, dall'incarico (senza stipendio), su decisione del Csm, e collocato fuori organico dal ruolo. La decisione di primo grado è stata appellata. La difesa ha sostenuto che gli imputati, a causa del brevissimo periodo in cui erano stati in contatto con le prostitute, non si erano accorti di nulla. Aveva poi formulato una questione tecnica, ma per nulla formale. I due erano stati infatti condannati per un reato differente, in punto di fatto, rispetto a quello contestato. Non hanno perciò avuto possibilità di difendersi, a parere degli avvocati, ancor più se si considera che sono stati processati allo stato degli atti e quindi senza dibattimento. La tesi è stata condivisa dai giudici della Corte d'Appello.
Tutto il fascicolo farà ora ritorna in procura. Ma è ipotizzabile che dovendo ripartire da zero, la prescrizione possa chiudere definitivamente la questione. Caracciolo, fa sapere la difesa, chiederà al Csm di poter tornare a lavorare. «Una vicenda dolorosa commentano i legali - per i due imputati che hanno assistito oltre a quello del tribunale, anche a un processo mediatico». Più nel dettaglio, le motivazioni della Corte (presidente Vincenzo Scardia, a latere Giuseppe Biondi e Antonia Martalò) saranno depositate entro novanta giorni a partire dal 18 dicembre, giorno della lunghissima Camera di consiglio conclusasi con una sentenza di nullità. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia