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«Noi, esiliati dalla nostra Otranto, non siamo terroristi e non abbiamo mai fatto del male a nessuno». Rompono il silenzio, per la prima volta dal settembre 2022, quando furono arrestati e portati in carcere, i fratelli Pierpaolo e Luciano Cariddi, ritenuti il perno attorno a cui ruota il maxi procedimento su presunti favori in cambio di sostegno elettorale, il cosiddetto sistema Otranto.
L'udienza preliminare
Nel corso dell'udienza preliminare (che riguarda in tutto 60 persone), i due ex sindaci di Otranto hanno depositato uno scritto, che ha il valore di dichiarazioni spontanee. Lo hanno fatto per il tramite dei rispettivi legali, Gianluca D'Oria e Alessandro Dello Russo per Pierpaolo Cariddi, Michele Laforgia e Viola Messa per Luciano. Una sola nota, firmata da entrambi. Riguardo al resto, il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone e la pm Giorgia Villa, hanno ribadito la posizione dell'accusa: rinvio a giudizio per tutti, tranne che per due imputate, per cui è stato chiesto il proscioglimento. Hanno discusso gli avvocati di parte civile e poi i primi difensori del lungo elenco. Sono state rigettate dal gup Alessandra Sermarini tutte le eccezioni riguardanti l'ammissione delle parti civili (Comune di Otranto, assistito dall'avvocato Domenico Attanasi; Provincia di Lecce, assistita dall'avvocato Maria Amato; Regione Puglia difesa dall'avvocato Daniela Limongelli). Hanno invocato il non luogo a procedere per i propri assistiti, al momento, gli avvocati Antonio Quinto, Gianluca D'Oria, Viola Messa e Carlo Viva. Si tornerà in aula il 5 maggio.
«Negata la possibilità di mantenere le nostre famiglie»
«Siamo sottoposti da più di sette mesi a misure restrittive della nostra libertà personale.
«Mai presa una tangente, non ci siamo arricchiti»
«Eppure, non siamo terroristi - aggiungono - e non abbiamo fatto mai male a nessuno. Il delitto per il quale siamo puniti anticipatamente è quello di aver preso parte alla vita pubblica di Otranto, la nostra colpa è di essere stati scelti, dai cittadini, come sindaci. Nei provvedimenti giudiziari è scritto che per questo avremmo promosso, costituito e organizzato una associazione per delinquere e commesso una lunga serie di reati contro la pubblica amministrazione. Per i pubblici ministeri, avremmo coltivato interessi privati e non quelli della collettività. Lo dicono dopo averci sottoposto a una lunghissima indagine, esaminato centinaia di atti amministrativi e ascoltato tutte le nostre conversazioni, ma senza contestarci neppure un euro di “tangente”. In questi anni noi non ci siamo arricchiti, mentre Otranto è diventata una città più bella e più ricca. Lo riconoscono tutti, anche i nostri avversari politici».
«Siamo innocenti»
«Ribadiamo, con forza, di non aver mai commesso alcun illecito - concludono - e di avere sempre agito nel rispetto della legge e nell’interesse dei cittadini. Sappiamo che la nostra ostinazione nel professarci innocenti suona oltraggiosa per chi ci accusa con tanta veemenza, ma anche se oggi la nostra voce è flebile e inascoltata, siamo certi che nel processo emergerà l’infondatezza di tutte le imputazioni. Perché la verità è più forte di qualsiasi potere. È dunque proprio per il rispetto che si deve alla funzione giudiziaria che abbiamo chiesto ai nostri difensori di superare rapidamente la fase dell’udienza preliminare – in cui la nostra posizione dovrebbe essere discussa per prima e in un’unica udienza, contro ogni logica – per essere giudicati al più presto, nel pieno contraddittorio delle parti, davanti a un giudice terzo e imparziale. Per poter provare, finalmente in posizione di parità con i nostri accusatori, che i fatti che ci vengono addebitati non sussistono. Nella speranza di poterlo fare, finalmente, da uomini liberi».
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