Trasformò il padre in una torcia umana: condannato a 30 anni per omicidio volontario. Il pm ne aveva chiesti 14

Trasformò il padre in una torcia umana: condannato a 30 anni per omicidio volontario. Il pm ne aveva chiesti 14
Trasformò il padre in una torcia umana, uccidendolo. Trent'anni di carcere per omicidio volontario: i giudici della Corte d'Assise del tribunale di Lecce hanno...

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Trasformò il padre in una torcia umana, uccidendolo. Trent'anni di carcere per omicidio volontario: i giudici della Corte d'Assise del tribunale di Lecce hanno scelto la linea dura e una condanna esemplare per il 48enne di Collepasso Vittorio Leo, che nel 2019, in una mattina di maggio, uccise il padre Antonio, di 89 anni, versandogli addosso dell'alcol mentre era intento a preparare il pranzo, davanti ai fornelli. I giudici - presidente Pietro Baffa, a latere Francesca Mariano e la giuria popolare - hanno ritenuto la condotta di Leo più grave di quella delineata dalla Procura, che aveva chiesto 14 anni e derubricato la responsabilità di Leo all'omicidio volontario con dolo eventuale. Il pubblico ministero Luigi Mastroniani, insomma, si era convinto che il 48enne non avesse realmente intenzione di uccidere il genitore, nonostante - dopo avergli spruzzato addosso l'alcol e dopo che le fiamme erano divampate trasformando l'anziano in una torcia umana - non lo soccorse nemmeno, lasciandolo morire in mezzo ad atroci sofferenze. Il pm ha ricostruito un vissuto drammatico, in quella famiglia così poco avvezza all'armonia, con il 48enne costretto a trasfusioni settimanali e un rapporto col padre segnato dal disprezzo del genitore, da un reciproco, profondo rancore.

Con l' alcol trasformò il padre in torcia umana: «Ma non voleva ucciderlo»

Una relazione problematica, disfunzionale - come hanno sostenuto le perizie raccolte durante le indagini e firmate dallo psichiatra Domenico Suma e dal medico legale Alberto Tortorella - e che, negli ultimi momenti della tragedia, non hanno aiutato il figlio a venire fuori da quella che lo psichiatra ha definito “angoscia paralizzante”: uno stato di terrore che gli avrebbe impedito di aiutare il genitore. Quali che siano stati i motivi all'origine di questa tragedia, per la Corte d'Assise il 48enne ha agito volontariamente, consapevole delle conseguenze che le sue azioni avrebbero provocato.

Leo era difeso dagli avvocati Francesca Conte e Luigi Cucco, che ora valuteranno come procedere per un eventuale appello. 

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Quotidiano Di Puglia