Operazione Game Over: mafia e droga alla 167, chiesta l'assoluzione per Briganti presunto "boss"

Operazione Game Over: mafia e droga alla 167, chiesta l'assoluzione per Briganti presunto "boss"
Assoluzione per il presunto “boss”, condanne a pene fino a 20 anni di reclusione per altre 15 persone: sono le richieste dell’accusa, il pm della Dda Giovanna...

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Assoluzione per il presunto “boss”, condanne a pene fino a 20 anni di reclusione per altre 15 persone: sono le richieste dell’accusa, il pm della Dda Giovanna Cannarile, al termine della requisitoria nel processo con rito abbreviato su una maxi operazione che venne eseguita a Lecce, nella zona 167 B. 

Le richieste


L’accusa ha invocato l’assoluzione per Pasquale Briganti, detto Maurizio, che era stato arrestato nell’operazione della Squadra mobile e poi scarcerato a seguito di pronunciamento della Cassazione che aveva escluso, in fase cautelare, che vi fossero elementi per sostenere la sua partecipazione a traffici di droga. 
Queste le pene invocate: 10 anni e 8 mesi per Fabio Briganti, 52enne; 14 anni per Aleandro Capone, 27enne; 18 anni per Francesco Capone detto “Checco o Facciune”, 29enne; 4 anni e 9 mesi per Nicolò Capone, detto “Nicolò piccolo”, 25enne; 12 anni e 4 mesi per Daniele De Vergori, 23enne; 3 anni e 4 mesi per Maurizio Elia, 46enne; 19 anni e 4 mesi per Carlo Gaetani detto “Carletto” 39enne; 2 anni e 6 mesi, per Nicolò Greco, 24enne; 13 anni e 6 mesi per Giuseppe Guido, 33enne; 6 anni e 10 mesi per Domenico Persano detto “Mimmo”, 63enne; 12 anni e 8 mesi per Nicola Pinto detto “Nico”, 36enne; 8 anni per Enzo Quaranta, 37enne; 14 anni per Gianluca Stella detto “Luca o Ciotta”, 33enne; 20 anni per Carlo Zecca, 34enne; 4 anni e 10 mesi, più 22mila euro per Simone Zimari, 33enne.
Il processo è in corso di svolgimento davanti al gup Maria Francesca Mariano. 

L'operazione


Il blitz risale all’aprile del 2022. Furono arrestate 17 persone dai poliziotti della Squadra mobile, ritenute vicine al presunto “boss” Maurizio Briganti (pure scarcerato). Le accuse a vario titolo ipotizzate sono mafia, traffico di droga, estorsioni e spaccio. Le indagini, coordinate dalla Dda (pm Giovanna Cannarile), furono condotte dalla Squadra mobile della polizia. Stando alla narrazione, la 167 B sarebbe stata il luogo in cui sarebbero state reclutate le giovani leve, uno degli aspetti salienti dell’inchiesta, perché avrebbe dimostrato a parere degli inquirenti la capacità del clan di rigenerarsi dopo le decimazioni subite negli anni dalle operazioni ed i processi Pit, Augusta, Network, Eclisse e Final Blow. Per il resto, il nodo centrale del procedimento è il narcotraffico. 


Briganti era tornato in libertà lo scorso dicembre su decisione del Tribunale del Riesame a seguito di un provvedimento della Cassazione: impossibile - secondo gli Ermellini che avevano condiviso del tesi difensive degli avvocati Ladislao Massari e Antonio Savoia) - sostenere la sua partecipazione all’associazione sulla base di quanto dichiarato dai collaboratori di giustizia, poiché si tratta di ricostruzioni antecedenti al periodo al quale è riferita l’inchiesta (partita nel 2019). Altrettanto difficile agganciare l’accusa a un paio di intercettazioni, telefonate e conversazioni fatte da altri. Quanto alle accuse di mafia, Briganti era già stato giudicato in precedenza. Leggi l'articolo completo su
Quotidiano Di Puglia