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«Non possiamo promuoverli tutti, stiamo bassi» dice uno dei commissari incaricati, a Lecce, di esaminare gli aspiranti avvocati provenienti dalla provincia di Brescia. E quell'incauta frase, detta a microfono aperto, senza sapere di essere ascoltato da tutti, è finita sui social, su Instagram in particolare. Al punto che il ministero della Giustizia ha già annunciato verifiche.
L'esame e il microfono rimasto aperto
«Quanti ne avete promossi fino ad ora? Non possiamo promuoverli tutti - insiste il commissario - stiamo bassi»: l'episodio è accaduto ieri mattina. Le parole del commissario sono state pronunciate durante una riunione della commissione leccese: due commissari si trovavano in corte d’appello, mentre un terzo interveniva da remoto. Ed è stato proprio quest'ultimo a lasciarsi sfuggire quelle parole mentre si discuteva del giudizio finale da assegnare a un canddiato, poi promosso con 18. Ma, prima di quel voto, il confronto fra commissari è andaro avanti: «Ho fatto apposta una domanda»; «Io una domanda insidiosa posso farla», si dicono fra loro, mentre tutta la classe in attesa ascolta.
Sono in tutto 475 i candidati bresciani che stanno affrontando la prova per l’abilitazione alla professione, con la formula imposta dalle restrizioni del Covid: un solo esame orale, senza il tradizionale scritto. Lecce esamina i bresciani, mentre a Brescia si controllano le prove sostenute dagli aspiranti avvocati di Ancona.
L'Ordine degli Avvocati
«Sarebbe azzardato esprimere giudizi su come siano realmente andate le cose» dice Sergio Limongelli, segretario dell'Ordine degli Avvocati di Lecce. Ma - aggiunge il legale - «quanto accaduto è significativo soprattutto alla luce della modalità di svolgimento degli esami, una modalità nuova per i candidati, ma anche per noi. Significativo e pericoloso - prosegue - sotto il profilo della necessità di garantire una certa omogeneità di giudizio e di affrontare con serenità i giorni d'esame che verranno».
Non c'è un “caso”, dunque, secondo l'Ordine. Tanto più che la frase e i suoi effetti sono stati ingigantiti dai social. «Non ci sono mai state - dice ancora Limongelli - percentuali prestabilite di candidati che dovevano superare l'esame di abilitazione professionale. Vengono stabiliti dei criteri e la valutazione può essere più o meno rigorosa perché ciascun commissario ha i suoi principi, il suo carattere, la sua esperienza. Ma è chiaro che, nel momento in cui l'esame si svolge a distanza, si può verificare il rischio di un microfono aperto e di una frase percepita così, con uno stravolgimento di significato, che è stato amplificato, quasi stravolto. Se lo stesso episodio avvenisse in presenza, a tu per tu, sarebbe stato diverso. L'episodio, tuttavia, non lo conosco: stiamo facendo valutazioni di carattere generale e ogni giudizio è pericoloso».
L'associazione dei praticanti
Intanto, in un comunicato ufficiale l'Upa, l'Unione Praticanti Avvocati, ha stigmatizzato l'accaduto specificando che «quanto asserito è totalmente infondato e basato sulla volontà di destabilizzare i candidati che si apprestano a sostenere l'esame nei prossimi giorni e a complicare il lavoro delle sottocommissioni». Le quali - e qui è il problema reale per Upa - «continuano a produrre tracce d'esame non conformi alle linee guida impartite dal ministero della Giustizia» scrive la presidente Upa, Claudia Majolo.
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Quotidiano Di Puglia